mitografia del quotidiano
Il ragazzo con le chine
1978
C’era alla fine degli anni settanta una bella galleria d’Arte in cima a via Roma. Era inverno, un pò come adesso. Un ragazzo con la sua cartella di chine (studi di calligrammi alla Mark Tobey) entrò deciso a vedere l’esposizione. Era all’incirca il 1979, la mostra era composta di strani totem. Il ragazzo guardò le opere incuriosito, poi notò in un angolo tre artisti. Avranno avuto circa 40 anni . Li aveva già visti, uno faceva sculture, l’altro pittura materica ……insomma il ragazzo si avvicinò stretto nella sua vecchia giacca di renna marrone, con la cartellina sottobraccio e chiese loro se potevano guardare le sue chine, aveva bisogno di un riscontro per capire.
Gli artisti sorrisero tra loro, perchè perder tempo con un ragazzino? Dissero che non avevano tempo …..uno di loro con un sorriso sghembo sussurrò :- ….frequenta il liceo artistico…….Barabino…
Il ragazzo ci rimase molto male, desiderava avere un parere, ricevere una critica o uno sprone, con la coda tra le gambe uscì dalla galleria rimuginando :- “Se mai riuscirò a diventare un giorno anche io un Artista…beh cercherò di non diventare come loro”
Il ragazzo continuò ancora un pò con le chine, poi passo a grandi superfici dipinte, fece alcune mostre, ma non era più convinto che quella fosse la giusta strada. Continuò nonostante tutto a sperimentare. Poi scoprì per caso che gli interessava la fotografia e si cercò un maestro per strada.
Lo trovò. Si fece insegnare tutto quel che lui sapeva.
Un bruttissimo giorno il maestro perse la ragione e si tramutò in omicida. I giornali ne scrissero a lungo, fù condannato e messo in manicomio criminale. Il ragazzo che nel frattempo stava crescendo lo andò a trovare a Montelupo Fiorentino. Poi il tempo cambiò le cose. Qualcosa di quell’incantesimo s’era rotto.
Era la fine dei giorni di luce, come randagi colti a strisciare nei campi fotografando l’autunno mentre la luce declinava e noi lo scoprivamo solo guardando l’esposimetro. Eravamo folli come eroi di Terry Gilliam, incoscienti come è normale che sia quando si è più giovani.
Il ragazzo con le chine cresceva e fotografava tutto quanto si trovasse sotto i suoi occhi Diceva :- perchè andare lontano quando basta guardar bene le cose per scoprire che quanto ci interessa è già attorno a noi?
Cominciò con calma ad esporre le sue immagini : tutte le cose che vedeva. Per poterlo fare non usò le gallerie ma altri spazi: conventi, locali pubblici, persino le cabine di stabilimenti balneari e infine i musei . Aveva uno stile “atemporale” , le sue rappresentazioni erano avvolte da un’atmosfera strana, la gente cominciò ad accorgersene e quello divenne, in qualche modo, il suo stile.
Era iniziato un cammino nuovo e aveva trovato o forse riconosciuto un nuovo compagno di viaggio, l’ego I due, pare litighino spesso.
I tre artisti sono sempre lì, hanno una cattedra, sono più vecchi ma non sono andati granchè lontano. Il ragazzo con le chine esiste ancora, ha il volto con le rughe ma occhi vivi, qualcuno lo chiama Prof, altri “signore” i più, ci scherzano assieme.
Ha un carattere strano, loquace ma pronto a repentine chiusure, tanti sbalzi d’umore e si diverte ancora come un matto ogni volta che entrano in gioco le immagini, il cuore, le cose del mondo, le belle persone, ogni volta che si sente ancora curioso, ogni volta che s’affaccia ad un nuovo mattino.
Ci sono persone che senza accorgersene siedono sul mattino.
1977
1979
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