Idelmo
Genova
1996
“Voglio vivere così, col sole in fronte…sì sì sì. “
Da via Romana, il mattino presto arrivava un ometto distinto cantando questa canzone. Abitava nei quartieri popolari che hanno rosicchiato la collina dove da bambino giocavo, quartieri dove vivevano persone modeste e i soliti noti, gli “amici”di partito, gente che aveva ottenuto una casa popolare attraverso amicizie all’italiana, lo capivi dal fatto che una persona che dichiara un reddito bassissimo non può avere una mercedes ultimo modello parcheggiata sotto casa.
L’omino scendeva di fretta la crosa, cantava e varcava la soglia della latteria sorridendo e come se fosse a Buckingham Palace ordinava con blasone il primo marsala all’uovo. Nel breve tempo di quattro bicchieri bevuti senza neppur respirare la sua mano smetteva di tremare, lui ti guardava come tutto fosse normale e sorrideva.
La gente correva al bus per andare in ufficio mentre lui iniziava il rosario dei bianchetti conditi da barzellette e storie di vita. A differenza di altri suoi compagni di sventura (oggi tutti morti) non lo prendevo in giro , conoscevo i suoi dolori , mi ero fatto raccontare la storia della sua vita.
Era un omino buono, sensibilissimo , fragile come un cristallo con i suoi capelli che tradivano un rosso carota di tanto tempo fa.
All’allievo che gli chiede se esiste il paradiso, il maestro Paracelso risponde dicendogli che il paradiso esiste ed è questa nostra Terra. Ma esiste anche l’inferno, e consiste nel non accorgersi che viviamo in un paradiso .(Jorge Luis Borges)
Quanti Angeli caduti ho incontrato sul mio cammino. Bevevamo assieme i nostri veleni parlando del tempo che si guastava, dell’avidità della gente, le giornate sembravano tutte uguali invece erano giornate tutte in discesa.
Ernest Hemingway, F. Scott Fiztgerald , Dylan Thomas, Jack London hanno raccontato l’abisso da dentro, altri meno fortunati e non creativi ci sono precipitati, pochi da ambo le parti ne sono usciti camminando con i propri piedi.
Un giorno decisi di ritrarlo, eravamo in latteria, lui col suo bianchetto, forse il ventesimo, io con la mia vodka. Salimmo in casa, entrò a fatica nell’ascensore, lo sorreggevo, ridevamo del modo assurdo in cui credevamo di vivere, in realtà stavamo morendo…forse lui ne era consapevole ma s’era arreso mentre io lo capii il 12 aprile del 1999 e misi definitivamente, non senza immane fatica, il tappo alla mia bottiglia.
Secondo una terminologia tecnica “sono sobrio mentre per il mondo più scuro, quello della vita di strada oggi “sono finalmente pulito”.
Dolce Idelmo con gli occhi che roteavano perché vedevi triplo, dolce Idelmo sempre pronto a cantare canzoni nel tuo impermeabile beige come quello del tenente Sheridan. Rivedo le tue efelidi e riascolto quella voce che usavi per raccontare mille storie di vita. Storie di infinita tristezza e disagio che con te divenivano “novelle brevi” degne del miglior Raymond Carver (grande scrittore,grande bevitore).
Ricordo che quando nel 96 ricevetti lo standard d’eccellenza al Kodak European Gold Award e la tua foto venne pubblicata su una rivista del settore preda di esaltazione mostravi orgoglioso a tutti la copia che ti avevo regalato. Eri felice perché un altro povero alcolizzato come te aveva avuto l’idea di farti una bella foto.
Oggi provo compassione ma anche rabbia di fronte a coloro che si credono i nipotini o i cugini di Charles Bukowsky , gente che cita a man bassa le sue frasi sull’alcol, sulle bottiglie di vino bianco dolce, sulle confezioni da sei di birra per dare “un senso” alle ubriacature del mercoledì o del weekend. Scomodano scrittori , registi e musicisti famosi schiavi dell’alcol. Tutta gente oggi morta malamente, lasciando però romanzi, novelle, canzoni e grandi pezzi di giornalismo.
Voi invece cosa è che lasciate?
“Pozze di vomito, cocci di vetro e qualche pisciata sulla serranda di un esercizio chiuso”.
Realizzata con: Mamiya RB 67
Pellicola: Kodak T Max 400
Anno: 1996
Luogo: Genova
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