Riflessioni fotografiche
L’OMBRA CHE CURA
Pellicola T max 400 su Contax RTS II 26 Agosto 2020
Non avevo calcolato bene le cose quel giorno d’estate. Di questa estate.
Sotto un sole cocente aprii lo zaino con le fotocamere, ne presi una e inquadrai l ’architettura di un vecchio caseificio.
Un passo avanti, due indietro, l’inquadratura si stava definendo in una manciata di secondi.
Avevo l’occhio incollato al mirino, una lente per guardare le cose e mettere nero su bianco il mio mondo.
Avevo bisogno di un viaggio creativo a ritroso, di un tonico per le giornate che erano irrimediabilmente cambiate, come la sintonia di una radio che prende il segnale di un’unica stazione.
Il canale ufficiale del terzo millennio raccontava storie di morte, di crolli non annunciati, di malattie che colpiscono il pianeta e i suoi abitanti.
Decisi di ritornare al piccolo formato, ai luoghi di sempre, spolpati ormai come vecchie ossa di amici e amori, presi 13 pellicole per raccontar un’altra estate di Alberto.
Quando l’otturatore scattò allontanai dal volto l’apparecchio , il suolo si era fatto morbido come gomma, un senso di ebbrezza mi avvisò che ero preda di un malore.
Respirai a fondo e sorseggiai un sorso d’acqua cercando ombra e equilibrio, raccolsi le forze dirigendomi in discesa verso una macchia d’alberi.
Non avevo calcolato bene le cose quel giorno d’estate. Di questa estate.
L’ombra mi curò immediatamente , si offrì in modo unico e totale al mio sguardo e al mio corpo. Si offrì disinteressatamente perché sapeva, a differenza di noi umani, assecondare il proprio compito, il proprio destino.
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