mitografia del quotidiano
Leo Ferrè
LEO FERRE’
“La sinistra è la sala d’ attesa del Fascismo-L.Ferrè
Ero un ragazzino fresco di studi artistici che non possedeva neppure una sua fotocamera. Amavo la letteratura francese e alcuni chansonier come Brel, Brassens, Reggiani e Ferré, Leo Ferrè sopra tutti. Fu una gioia, molti anni dopo, andare un anno a vivere a Parigi. I tempi erano cambiati, ma c’era ancora il beat Hotel, le strade percorse da certi poeti , i cimiteri cantati dalle parole. Inspirai a fondo quell’aria e non fu un caso che i miei Angeli nascessero a Parigi tra le lacrime versate in una brasserie e le cabine dei pornoshop. Vissi un anno folle fatto di alcol, solitudine e poesia tenuta per il bavero di una giacca.
Molti anni prima andai ad un concerto a Carrara che Ferré tenne per la prima comunità anarchica d’Italia. Ascoltai meravigliato un poeta che con la rabbia si diceva attraverso la parola e gli arrangiamenti per orchestra. Il finale fu un lungo poema scritto in Italiano… Leo sposò un italiana e a lungo visse in Toscana, con cani, gatti e uno scimpanzè
Terminato il concerto dal quale proviene quest’immagine strappata all’ oblio e a una technè che non conoscevo, scesi in camerino…desideravo stringergli la mano.
Feci la coda …ero un ragazzo con la testa di riccioli nei quali restavano impigliate le idee. Quando giunse il mio turno, fui fatto accomodare. Ferrè, in nero mi sorrise, mi diede la mano non ebbi quasi il tempo di parlare che…mi offrì una sedia e cominciò a guardarmi attraverso quel volto mille volte visto sulle copertine dei dischi.
” Siediti, sei italiano vero? Ascolta come ti è parso il lungo poema finale, vorrei il tuo giudizio…perchè vedi, l’ho scritto direttamente in Italiano….e come saprai non è la mia lingua”.
Quel giorno ebbi una lezione di vita. Leo Ferrè era talmente celebre da essere sulle antologie letterarie francesi assieme a Mallarmè, Rimbaud e Baudelaire. Ferrè l’anarchico, l’eversivo si interessava al giudizio di un giovane ragazzo qualunque. Ferrè tradotto in Italiano solo da Testori mi chiedeva un giudizio poetico su un suo testo senza nemmeno sapere il mio nome, un nome che non gli avrebbe detto nulla. Quel giorno capii cosa è il rispetto dell’Altro, chiunque sia. Amai quell’abito nero e quell’ideologia che in modo non violento sposo, l’idea di anarchia. Il rispetto profondo della vera libertà. Quel giorno in me cambiò qualcosa. Oggi ascolto più volentieri il prossimo, specie se non ha titoli, cariche ed onoreficenze. Gli artisti hanno i loro luoghi e canali per dirsi, la gente comune no….ascoltare la gente lontani dalle demagogie, fuori dai cortocircuiti degli schieramenti e delle fazioni. La gente la si ascolta per strada, vivendoci assieme, non nelle assemblee, non alla televisione, non in quei luoghi dove crediamo si aggreghi , perché quella è solo la fetta di una torta.
Persisto e mi firmo (rubo l’espressione a Brel)
Alberto Terrile
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