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Le parole degli occhi dalla camera del tempo
La fotografia è la scrittura della luce.
Il processo analogico è il vero viaggio dalla luce al buio della camera oscura, luogo dove, con l’ausilio dei reagenti chimici, l’immagine impressionata sulla pellicola si svelerà come un dono per i nostri occhi.
“Dal mio al vostro sguardo, le parole degli occhi”.
Il buio della camera oscura è rischiarato da due lampade rosse di sicurezza, il rivestimento plastico del bancone su cui stanno le bacinelle colme d’acido ha un odore forte, mi ricorda quello dei palcoscenici rivestiti di linoleum per la danza.
Qui i pensieri si fanno più sottili, prendono la mira. Gli occhi, abituati alle forti fonti luminose come alle repentine distrazioni, ora come falene, si spostano su due sole superfici: quella del piano dell’ingranditore dove l’immagine è unicamente luce e l’altra, quella acquea. Nella seconda la figura affiora lenta, cullata dall’onda che si genera sollevando leggermente la bacinella perché la soluzione chimica sia sempre fresca e accarezzi la carta rivelando così ciò che è stato trattenuto del mondo.
Questa è “la mia forma di meditazione”.
Il Fotografo è un lettore attivo che con grande attenzione osserva la luce del sole deviandone a suo piacere il corso.
Quando accosto l’occhio al mirino della fotocamera riconosco subito “il mio ordine”. Questo significa che attraverso l’inquadratura offro la mia visione e dono il mio assetto alle cose del mondo. Lo scatto è quindi solo il punto di partenza, la prima impressione che consegno alla pellicola. Quando fotografo in analogico, scatto quello che sento e non quello che vedo sul display.
Una buona foto “di carta” resta nel tempo(1). Potrai ristamparla in camera oscura e renderla più dolce o dura nei contrasti a seconda dell’umore, di come “la senti” quando riprenderai in mano il suo negativo, ma non ne cambierai mai l’impianto strutturale, l’architettura, lo scheletro. Quello che hai visto, quindi “ciò che hai provato” è lì in quel rettangolo che “custodisce” il tuo piccolo mondo di rappresentazione.
Quando stampi una fotografia fai delle mascherature, disegni una coreografia con le mani sotto il fascio di luce dell’ingranditore, quando stampi fai esperienza di quanto possa essere determinante la stessa frazione di secondo che normalmente, nel flusso temporale scandito di una giornata, passerebbe per “insignificante”.
Questa è “la mia forma di meditazione”.
1)La lenta evoluzione giorno per giorno per acquisire una cifra stilistica che poi ti renderà riconoscibile.
2) Gli inevitabili errori commessi
3) Le foto che “al tempo dello scatto” mi parevano belle siglate da un pallino rosso per poter essere stampate alla prima occasione
La grande differenza rispetto alla nuova tecnologia binaria è che con la vecchia technè non si gettava via nessuno scatto e questo è ciò che faccio ancora oggi indipendentemente da quale apparecchio (analogico o digitale) io stia utilizzando.
Cancellare i nostri errori o ciò che non corrisponde all’estetica corrente è un grande errore.
Se prestassimo attenzione all’evoluzione del gusto e delle tecniche fotografiche, ai cambiamenti stilistici potremo scoprire nel nostro archivio delle perle che non avevamo considerato.
I gusti, i nostri e quelli del tempo nel quale viviamo cambiano.
Nota 1 : Il viraggio conservativo ( selenio, al platino o all’oro) consente a una stampa fotografica di durare sino a 400 anni
….gli autori “passano”….le loro foto restano!
Nb le immagini di me in camera oscura sono state realizzate da Ilaria Caprifoglio
Uno speciale ringraziamento a Paki Zennaro autore delle musiche e amico caro da trent’anni e a Dario Cincilla col quale ci bruciamo le cervella discorrendo di “invisibilità, mistica & arte”
One Comment
Sara
Caro Alberto, mi hai fatto venire una gran nostalgia della camera oscura, e di quando la fotografia era oggettivamente “altro”. E’ vero, la fotografia a quel tempo era una grande osservazione. Molti pensano che la fotografia sia uno sguardo sul mondo, ma non è così, è uno sguardo sul proprio mondo interiore e il processo di solitudine in camera oscura faceva parte di quella elaborazione interiore, del senso delle cose e del perchè di quello scatto. Ecco in questo mi sento molto fortunata, rispetto ai giovani fotografi che nascono con il digitale. Questo bagaglio, interiore e mistico è ormai fortuna di pochi. Grazie per avermelo ricordato Alberto, soprattutto adesso!