mitografia del quotidiano, Riflessioni fotografiche
La Sig ra Loredana
Loredana (classe 1930):- “Per il ritratto devo guardare Lei, o meglio l’obiettivo…giusto?”
Alberto:- “Certamente signora, se lei guarda l’obiettivo, chiunque poi vedrà la sua fotografia si sentirà fissato negli occhi…”
Loredana :- “ …sa’ , mi piacerebbe se ne esce una bella, darla al mio nipotino…”
Alberto : – “ …allora Loredana, guardi adesso l’obiettivo proprio come guarderebbe il suo nipotino…”
(Montese 28 agosto 2015, durante una seduta di ritratto).***
Quando ritraggo, la mia tensione è rivolta a “vedere” al di sotto di tutto ciò che vive per cogliere ciò che agli occhi non appare. Questo è un paradosso visto che , sin dalla sua nascita, la fotografia venne salutata come la téchne che avrebbe finalmente restituito un’immagine oggettiva delle cose. Fotografare significa in qualche modo mutare di forma ciò che si fotografa; e non tanto quella dell’oggetto visibile, che è un corpo, che è materia, ma trasformare la forma di quell’invisibile che lo sottende, e che emerge attraverso il processo di ri-velazione.
Ri-velare: scoprire ciò che era velato, fuori vista, segreto, “Rendere visibile l’invisibile” disse Paul Klee.
L’anima è velata, fuori vista, segreta e invisibile ma, grazie all’artista, diviene evidente : “Visibile”. La fotografia che è in grado di rivelare qualcosa racchiude, ma ancor più custodisce, un’altra trasformazione più intima e importante. E’ quella che avviene nel fotografo che, grazie all’atto creativo e rivelatorio, mette in atto un’azione conoscitiva in grado di cambiare se stesso.
“Amare la fotografia significa avere cura del tempo, il nostro e quello dell’Altro“.
(frammento di “E’così che appari” di prossima pubblicazione
“Amare la fotografia significa avere cura del tempo, il nostro e quello dell’Altro”….questo scrivevo…e questo faccio.
Se mi guardo indietro, mi accorgo che il primo ritratto che mi diede quella visibilità che oggi tutti ottengono attraverso il web, fu quello che raffigurava un neonato. L’ immagine, scattata in pellicola una KODAK T MAX 3200 che poi stampai su Agfa Record Rapid mi valse il 1 premio come ritrattista nel 1989.
Già allora, si delineava una personalità creativa rivolta verso l’Altro, curiosa nei confronti del cosmo. Oggi mi occupo anche di “far ricerca” sulle possibilità d’impiego del mezzo fotografico in relazione a realtà come la disabilità, le varie sindromi di demenza e l’invecchiamento attivo, quindi non unicamente a livello “documentale”.
Questa bellissima lettera della Sig Loredana mi raggiunse in uno di quei lunedì che incautamente vorremmo cancellare perchè messaggeri di guasti, tristi ricordi e continui disguidi sul lavoro.
Quando ero un ragazzo ricordo di aver riletto 15 volte in un giorno una letterina di Giorgio Agamben che mi faceva dei complimenti per un immagine che gli spedii…e lo stesso accadde più tardi con molta della corrispondenza con Jolanda (che poi divenne buona amica) ma che allora, svolgeva il ruolo di assistente alla produzione di Wim Wenders prima e una decina d’anni dopo d’ assistente personale di Pina Bausch.
Oggi la lettera della Sig.ra Loredana è nella mia agenda, la porto con me e… in certi momenti la rileggo perchè mi “mostra” che Alberto è cresciuto mantenendo però fede alla sua reale natura.
Certo, nello scritto…vengo ringraziato per le immagini realizzate***…ma trovo esplicitato ancor più il piacere di essere corrisposti nella parola, ascoltati. Quando ascolti…a meno di non essere un vecchio prete nel confessionale, guardi la persona in volto(1) …proprio come faresti per fare una fotografia.
Lo sguardo, non dimentichiamolo, è uno dei mezzi di comunicazione non verbale: attraverso di esso non passa solo la parola, ma anche l’anima.
(1)
“Il volto è una rivelazione, incompleta e passeggera, della persona.
Nessuno ha mai visto direttamente il proprio volto; lo si può conoscere soltanto riflesso nello specchio o per mezzo di una fotografia. Il volto non è dunque fatto per sé stessi, ma per l’altro o per Dio: è un silenzioso linguaggio ; è la parte più viva e più sensibile (sede degli organi dei sensi) che, nel bene e nel male, presentiamo agli altri. E’ l’Io intimo, parzialmente denudato, infinitamente più rivelatore di tutto il resto del corpo.”
Max Picard “ Il rilievo delle cose” Servitium editore.
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