mitografia del quotidiano
Il Magritte dei poveri
Nel paesino dove è nata mia nonna ho costruito il mio immaginario archetipico. Nei campi ho visto le praterie dove soldati davano la caccia agli indiani, nel juke box del bar di Mauro ho immaginato American Graffiti e guardando i lampioni su vecchie case sono passato in un quadro di Magritte.
Quel paese non si può definirlo bello, non ci sono particolari attrattive e negli anni più recenti si è spopolato e degradato.
Mi hanno sfondato casa due volte rubando televisore e lavatrice, coperte e vecchie camicie. Pochi giorni fa, ero lì dopo 7 mesi d’assenza, ho scoperto di non aver più un verricello , qualcuno lo ha portato via.
Rubare non è un bel gesto ma oggi è sempre più comune.
Quando ero bambino ogni uscio aveva le chiavi sulla porta, arrivavi aprivi la porta e urlavi :- Anitaaa… e se c era ti rispondeva.
Nessuno portava via nulla.
Oggi è cambiato tutto.
Continuano però a chiamarmi “ il genovese “ anche se conosco quel territorio quasi meglio dei locali. Da 38 anni faccio fotografie in quei luoghi, porto gli allievi ogni autunno dal 2007. E’ un paesaggio che ho vissuto prima col cuore e solo dopo con gli occhi.
Iola è un luogo d affezione, rappresenta le mie radici, ogni persona di lì che muore è per me un dolore.
Lì ho sviluppato il mio amore per la natura e immaginato un futuro che non è stato.
Lì invecchio con maggior piacere sino a quando il signore mi darà’ vita…
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