mitografia del quotidiano
GUARDO LA FOTO
Guardo la foto, sono con mia sorella sul balcone della casa dove vivevamo da bambini.
Guardo la foto, sono con mia sorella sul balcone della casa dove sono tornato a vivere.
Abito nuovamente questo appartamento, lo faccio da 32 anni.
A diciotto anni sognavo di venirci a vivere con la mia prima fidanzata, il mio primo amore.
Ho scoperto perché si dice primo amore, perché, forse, ne arriveranno altri.
Ci è stata data una vita abbastanza lunga e per il compimento di cose grandissime, se venisse spesa tutta bene; ma quando la si perde tra il lusso e la trascuratezza, quando non la si spende per nessuna cosa utile (positiva), quando infine ci costringe la necessità suprema, ci accorgiamo che è già passata essa che non capivamo che stesse passando. È così: non riceviamo una vita breve, ma l’abbiamo resa (tale), e non siamo poveri di essa ma generosi. (Lucio Anneo Seneca )
Guardo la foto, sono con mia sorella sul balcone della casa in Via Bandi. Su quel terrazzo in alto, dove c’è una scala ora vive un vigile che il mattino si sveglia presto come me. Lui stende alle 6 mentre io preparo due moke.
Su quel balcone quindici anni fa vivevano Carla e Jimmy e questa che segue è la loro storia.
Un tempo, quando mi affacciavo alla finestra di cucina, potevo scorgere una sagoma di quasi due metri per 60 kg che la gente chiamava “Er Jimmy”, in realtà aveva il mio stesso nome: Alberto.
Er Jimmy aveva una storia tristissima alle spalle. Finì in galera per errore e non venne risarcito, fece del manicomio, perse la moglie, visse in strada e un bel giorno trovò Carla.
Carla abitava di fronte a me. Soffriva d’esaurimento pertanto era stata sospesa dal lavoro. Carla leggeva la Bibbia, Er jimmy bestemmiava, si conobbero alla neuro , si piacquero e decisero di vivere assieme, o meglio Carla lo ospitò nell’appartamento proprio in faccia a me.
Er Jimmy era diventato uno dei personaggi del quartiere, uno degli amici del club della cantina, un gruppetto di allegri pensionati che parlano tutto il giorno di pesca e di caccia al cinghiale, di porto e sindacati, vuotando ettolitri di bonarda e altri rossi da tavola.
Er Jimmy non stazionava mai l’intera giornata in latteria, ci passava, regalava alcune perle di saggezza con accento romano (in realtà è Siciliano di Salina) scimmiottando Thomas Milian quando interpretava er monnezza, poi proseguiva altrove la sua giornata.
Carla era sovrappeso quanto lui era sottopeso. Era bellissimo guardarli camminare mano nella mano. Ogni tanto lui partiva e tornava in Sicilia a guadagnare qualcosa pescando. Quando parlava della sua moglie che era morta giovane gli si velavano gli occhi.
Nonostante tutte le avversità e lunghi anni trascorsi sulla strada a far barbonaggio, aveva sempre una nota positiva per affrontare la vita, uno sguardo sereno anche se irregolare, era un portatore sano di strabismo…ogni tanto un occhio gli partiva per i fatti suoi.
Se qualcuno gli diceva:- Sai che ricordi un po’ Frank Zappa, lui sorrideva…era un paragone che e lo lusingava.
Arrivò però un giorno in cui, tornando da uno dei miei viaggi di lavoro, vidi la casa di fronte tutta chiusa e triste, con le tapparelle abbassate.
Carla era stata di nuovo male, forse ricoverata, forse ripresa in famiglia, non è dato sapere. Lui era via. Tornò reclamando le sue cose, qualche straccio e i documenti, ma la casa era stata chiusa, era passato l’avvocato. Lo hanno visto stazionare sottocasa qualche giorno nella speranza che qualcuno aprisse. Nulla di tutto ciò.
Parole di condivisione, pacche sulle spalle e qualche bicchiere offerto dagli amici della cantina, ma di fatto Er Jimmy era nuovamente senza casa, nuovamente in mezzo a una strada.
Lo incontrai sconsolato mentre rientravo, aveva un lettore compact portatile con cuffiette senza cd, mi disse:- Torno a dormì in strada, ce so’ abituato….c’hai quarche cd da prestamme?
Salii in casa e presi dalla mia collezione cinque cd e 50 €, scesi e gli dissi:- Tieni !
Mi abbraccio, sapeva d’ascella sudata, lo stesso abbraccio forte che mi diede un anno prima quando scoprì che mi ero separato e mi vide magro e triste.
Lo vidi andare verso la fermata del 17, direzione centro.
E’ stata l’ultima volta.
Guardo la foto, sono con mia sorella sul balcone della casa dove vivevamo da bambini. Stamane mentre il vigile stendeva il suo bucato rileggevo Seneca il” De brevitate vitae” e pensavo alle sue parole : “Ci è stata data una vita abbastanza lunga e per il compimento di cose grandissime, se venisse spesa tutta bene”
Faccio un esame di coscienza e penso che sì, anche io ho dissipato un po’ di tempo ma poi, ho recuperato.
Vivo a pieno le mie giornate diviso tra scuola, la casa in cui vivo e scrivo e i miei genitori oggi anziani.
Fotografo ancora tanto e immagino continui progetti che vanno dalle mostre ai libri passando attraverso le istanze dell’insegnamento.
Dormo poco in parte perché sono insonne, in parte perché ho sempre tante cose da fare.
One Comment
klaus
gran post, albe
k.