mitografia del quotidiano
Genova, la triste profezia
da “nel segno dell’Angelo” la tomba di Arbalete 2004
Genova al di là delle facciate ripulite e delle piazze agghindate a festa per le campagne elettorali.
Genova “non solo la città cantata da Caproni e da De Andrè ”, trasfigurata dal verso e redenta nella parola.
Genova città che si affaccia su un mare che non ha più lavoro.
Cartolina sbiadita dal sole dell’indifferenza di chi dice di amarla. Saliscendi di vie dove i dialetti e l’italiano vengono sovrascritti dal cinese, dal sudamericano e dal magrebino.
Come New York d’estate, Genova ha le fragranze nei luoghi più antichi, di orina, d’ immondizia e del dolore degli ultimi.
Genova di notte che si fa sempre più violenta per pochi euro, quanto basta per acquistare una dose, un orologio da mostrare o un telefono per chiamare il vicino e il lontano.
Genova che muore giorno dopo giorno, tra alluvioni , torri Pilota che crollano e ponti che si sbriciolano.
Genova, lo ripeto da quasi trent’anni, è l’Hinterland di Staglieno.
Nb Credo che al dolore e all’orrore si possa rispondere solo con l’Arte e la bellezza. L’Arte può redimere ma non è, perlomeno nelle mie intenzioni, consolatoria. Ho ripreso un mio testo attualizzandolo e dialettizandolo con una fotografia ambientata nel Cimitero di Staglieno.
Da cittadino, da persona che si occupa di formazione universitaria, da artista e agitatore culturale non posso che esprimere il mio rammarico per come troppe cose stanno andando male in città. Alla fine si predilige sempre la facciata e quattro slogan rabberciati dimenticandosi delle cose importanti.
GENOVA MOR(T)E THAN THIS
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