A mia Madre, mitografia del quotidiano, Riflessioni fotografiche, Riposizionare Fotografia
FARE PACE CON IL PASSATO / LE STORIE CHE RESTANO
Per decenni quando parlavo delle mie radici sembrava che tutto facesse riferimento solo ai monti dell’Emilia Romagna, a Iola e Cà
Guaiumi.
La maggior parte di ricordi legati all’infanzia pareva fosse là.
Mia madre era invece piemontese al 100%, nata da madre Alessandrina e padre di Settime d’Asti.
Perché non ho fatto mitografia del quotidiano parlando delle vigne, del gioco del tamburello, del Castello con il muro coperto
dalle piante di capperi, della mia bicicletta Olmo azzurra, della zappetta con la quale “piccolo archeologo” tiravo fuori conchiglie
dalla terra rossa perché un tempo, tanti secoli fa, lì c’era il mare?
Perché odiavo fare il sonnellino cui mia nonna mi obbligava nelle ore più calde.
perché mio padre non amava quella terra, quella casa e più in generale i piemontesi e aggiungeva sempre “ho sposato una
mandrogna”.
Purtroppo nelle famiglie si giocano sempre delle partite che finiscono poi per segnare i figli.
Sono sempre stato ipersensibile, permaloso e molto attaccato alla mamma.
Una volta morto mio nonno materno Alessandro nel 1977 ereditai un auto ( una 127 bianca) e una volta conseguita la patente
cominciai ad accompagnare mia nonna a Settime.
Mia nonna Elvezia si occupava della gestione della casa e mille altre cose.
Era una donna forte e dal carattere non semplice.
L’ho accompagnata a Settime sino a che ha potuto muoversi.
Ricordo la polvere, il freddo della cucina, il pranzo al sacco per non aprire la bombola giacché ci fermavamo mezza giornata : un
uovo sodo, la Simmenthal e una banana.
Con la morte di mia nonna la casa passò alle figlie e poi un bel giorno venne venduta.
Tornai a pensare a quella casa e a quella parte d’infanzia nascosta.
Avevo voglia di tornare, di rivedere quei luoghi, la casa di Secondina, l’amica di mia madre, le vigne e tutto il resto.
Perchè avevo mediamente taciuto le mie radici piemontesi?
Non lo so ma è accaduto.
Mia madre mi raccontava che i suoi compagni di scuola quando passava le cantavano una filastrocca ” Le belle ragazze di
Alessandria”.
Era molto bella.
Sono tornato in Piemonte parecchie volte e talvolta ho fotografato quasi cercassi tracce di ciò che da bambino avevo visto.
Ho pianto in quella terra, più da adulto che da bambino, ho pianto per una sorta di rammarico.
Quando cadevo dalla bici e mi trovavo le ginocchia sanguinanti non versavo lacrime perché c’era una bambina che mi piaceva e
volevo dimostrare che ero un duro.
Oggi, sono un adulto che non deve dimostrar nulla e si commuove se sente una ragazza con l’accento piemontese….
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