Varie
La fabbrica dei bottoni
Nei primi anni sessanta sotto casa mia c’era una fabbrica di bottoni. Noi bambini giocavamo in un pratino adiacente che visto oggi con gli occhi dell’adulto, potremmo definire una misera aiuola.
Un tempo, quel piccolo fazzoletto di terra poteva trasformarsi come per magia nella nostra giungla , in una prateria o nel campo della disfatta di Waterloo. Carponi ci mimetizzavamo tra il tarassaco e la malva. Talvolta spostando quei ciuffi verdi vedevamo la terra brillare. Erano i resti di madreperla provenienti dalla lavorazione dei bottoni. Il fortunato che se ne impossessava finiva per mostrare fiero alzando il braccio quel luccicante trofeo che incontrando i raggi del sole risplendeva molto più di un diamante nelle mani del Gran Visir.
Erano “gli anni bambini”, le nostre ginocchia erano decorate di croste come le medaglie adornavano il petto degli eroi di mille battaglie.
Per i “grandi” invece lì c’era solo la fabbrica e il bottone che si fabbricava era qualcosa per unire la sinistra con la destra di una camicia e spingendosi poco oltre , il simbolo dell’ unione di due parti in una sola.
Oggi quell’aiuola ha ancora qualche pianta spontanea ma ricorda la testa di un anziano con i capelli radi.
I bambini se ne tengono alla larga perché preferiscono pigiare bottoni di giochi elettronici. Solo i gatti randagi quando hanno da fare i loro bisogni vi sostano un attimo.
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