Varie
La prima fotografia raccontata a Anna Maria Farabbi
Ho terminato un’intervista con la poetessa Anna Maria Farabbi. La 1 domanda con relativa risposta la uso come didascalia della mia prima inconsapevole fotina (dia) che mi fece decidere di …..continuare quella strada…ma è meglio dire “cominciare quella strada”.
Una riflessione quindi indirizzata ai giovani autori che scattano e postano immediatamente le loro immagini per mostrarle al mondo ( corrono per fare a gara a chi fa più mostre… ) questa fotografia è stata presa in considerazione a livello artistico solamente nel 2007 ovvero 28 anni dopo. Oggi i tempi sono CAMBIATI. Il digitale ha portato democraticamente la fotografia a tutti e questo è rivoluzionario . Purtroppo ha anche illuso molti di essere già dei fotografi mentre la sera rielaboravano le cromie,tiravan sù livelli e postproducevano l’impossibile. Occorre consapevolezza del proprio fare e di COSA REALMENTE SIA UNA FOTOGRAFIA, A COSA SERVA. La fotografia è un modo per TRASFORMARE IL MONDO ma trasforma anche chi la fa. Non è un abito da sfoggiare per farsi belli e definirsi ARTISTI nell’oggi.
Senza le immagini “casalinghe” (i kodachrome…) che raccontavano le nostre vacanze faremmo difficoltà oggi a ricostruire il nostro passato…se solo lo pensiamo ( il ricordo tinge tutto ciò che è stato e lo ammorbidisce nei toni ) Una foto del 72 mi mostra sotto le dolomiti che pendono un pò ( mia mamma stava fotografando) e mi riporta a quella vacanza, agli aromi nell’aria,alla voce di Eddi (oggi morto) che scherza con mio padre.La fotografia è anche MEMORIA.Come faranno i nuovi adolescenti che ogni 3 secondi postano la loro IMMAGINE allo specchio, in bus,in sella allo scooter…e tre secondi dopo mentre scendono dallo scooter ridono e tornano allo specchio? La loro vita è uno slideshow che ha come una didascalia LA VITA REALE? Come ricorderanno o dimenticheranno?
Eccovi quindi la 1 domanda e la mia risposta….buona lettura!
A.Farabbi:– Puoi raccontarci quando come e perché è nato il primo incontro con la fotografia, presentandoci poi, brevemente, le tappe fondamentali del tuo percorso artistico?
AT: Cominciai per caso attorno al 1978, scattai le mie prime fotografie in bianco e nero senza avere minimamente i rudimenti di stampa. Le poche cose scoperte risalivano a qualche anno prima quando mia sorella aveva avuto la brillante idea di fidanzarsi con un tipo che aveva il padre fotoamatore. Il passo fu breve e ottenni in prestito l’ingranditore, alcune bacinelle e delle dispense di un corso per corrispondenza, ma non avevo voglia di leggerle per cui mi applicai malamente all’apparecchio. Totalmente inconsapevole dei diaframmi, stampavo a tutta apertura le innocenti foto di casti nudi della mia prima fidanzata. Non lo sapevo ma assieme alla fotografia criminale, la fotografia di nudo o erotica fu il primo grande veicolo di circolazione dell’immagine a cominciare dalla sua nascita nel 1856.
All’Accademia di belle Arti vivevo una dimensione insofferente nei confronti dei sistemi didattici e mi annoiavo mortalmente. La situazione si aggravò ulteriormente quando la mia ragazza, Raffaella pensò di innamorarsi di un art director di 17 anni più vecchio di lei e rimase incinta. Il dolore mi mandò in tilt, saltai così parecchie lezioni, specie quelle relative a anatomia artistica. Soffrivo, non mangiavo e deperivo, sono le tristi storie dei primi amori.
Ogni studente deve render conto al docente di ciò che fa, mi ritrovai quindi alla fine dell’anno senza 15 tavole di anatomia che erano necessarie per la valutazione complessiva. Dovevo trovare assolutamente una soluzione. Rubai dal frigo dell’Accademia una pellicola invertibile al tungsteno, chiamai Giovanni ( il nome del modello che posava alle lezioni di anatomia) e lo pregai di dedicarmi un’ora replicandomi ogni posa fatta durante l’anno, io l’avrei fotografato e una volta in possesso delle diapositive con un pomeriggio e una notte di intenso lavoro avrei ricalcato i disegni per l’ammissione all’esame. Il caso volle che terminate le pose di anatomia avanzassero circa 10 scatti. Chiamai così Barbara e Grazia e terminai il rullino.
La mia sorpresa fu grande quando, andando a ritirare le diapositive, ascoltai queste parole dal commesso :- Complimenti per i ritratti, veramente molto belli…..li ha fatti usando dei quarzi?
La mia ignoranza del lessico fotografico era grande, non sapevo che i quarzi erano illuminatori al tungsteno per studio e il mio pensiero volò invece alle raccolte di minerali che facevo alle elementari, per me quarzi e calcedonio erano pietre che mettevo in teche di plastica, per cui risposi deciso:- No!
Non fu tanto il complimento del tipo del laboratorio quanto il mio stupore per i ritratti realizzati a farmi pensare che il mio mondo pittorico era giunto al capolinea. Decisi di abbandonare i pennelli e l’olio di lino e iniziare un’avventura creativa in cui avrei sì dipinto ma con la luce.
Mi chiedi brevemente le principali tappe e qui entra in gioco “il tempo”. “Amare la fotografia significa avere cura del tempo. Il nostro tempo e quello dell’Altro” Ogni volta che qualcuno scompare faccio esperienza di come il tempo sia indissolubilmente legato alla fotografia e viceversa. Quando guardi chi non c’è più in una fotografia come per magia torni lì, accanto per un attimo e sei di fronte a un racconto di un momento della vita. Sono felice di essere fotografo. Attraverso lei (la fotografia) ho incontrato, conosciuto e ritratto tante persone molti “non sono più tra noi”.eppure li possiamo ancora vedere e accarezzare con uno sguardo. Saramago in cecità diceva “Se puoi vedere, guarda. Se puoi guardare, osserva”.
Le tappe potrebbero essere: 1989 il primo premio come ritrattista italiano, un buon motivo per credere maggiormente nella mia visione e modo di ritrarre. 1993 l’anno magico: La nascita degli Angeli e il soggiorno a Parigi, la conoscenza di Jolanda assistente di Wim Wenders, i ritratti di cinema a Venezia e il viaggio a Baghdad per vedere cosa produce una guerra. 1998 La scoperta della didattica dopo il corso tenuto alla Holden di Torino. Il mio primo libro in francese e tre mesi di mostra dei miei Angeli a dialettizzarsi con quelli medioevali del museo del Petit Palais di Avignone 2004 : la prima stampa italiana su Marmo alleggerito di un Angelo e la partecipazione a disegnare il marmo, un modo per raccontare l’amicizia e reciproca stima col grande maestro del disegno Omar Galliani. 2008 L’anno che vede l’uscita di due miei libri “Poeti Immaginati” (il racconto dei miei incontri con Ferlinghetti, Lou Reed, Lydia Lunch,Peter Hammill, Alejandro Jodorowsky,Ray Manzarek e altri) e “Nel segno dell’Angelo 1991/2008 (l’integrale del lavoro prodotto sino a quel momento) 2013 : la partecipazione (totalmente autoprodotta) della retrospettiva ventennale “Nel segno dell’Angelo 1993/2013) a Fotografia Europea di Reggio Emilia, il mio tributo nella sua terra a mia nonna Alberta Passini grande emiliana.
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