A mia Madre, mitografia del quotidiano
IL POTERE DELLE COSE CHE SOPRAVVIVONO
“Così, all’indomani di una morte, le “cose” costringono a scelte difficili, che vanno ben oltre le cose stesse.
Lasciare tutto com’è: non toccare niente, non dar via niente, nell’illusione di soffrire di meno, di prolungare la presenza, di proteggersi dall’abbandono e dalla solitudine. Come se la casa e le cose avessero un’anima, e quest’anima continuasse a far vivere lui.
Oppure fare il salto: decidere la destinazione delle cose, vivere lo strazio di separarsene, prendere atto che ricordano tutto di lui ma non sono più lui. Nell’illusione, pure in tal caso, di attenuare la crudezza dei ricordi, di cercare di ricominciare, di non restare imprigionati nella melanconia. Come bastasse vuotare un armadio per fare tutto questo e soffrire di meno.
Il tremendo potere delle povere cose che sopravvivono“.
M.L.Algini, Il tempo dell’orizzonte corto. Sull’amore e il lutto, Robin, 2011
Alcuni esseri hanno oggetti d’affezione.
Tutto per loro ha valore in un contesto emotivo e d’affezione.
Tutto ricorda mentre ognuno si fa ricordare…
C’è chi tiene all’anello della nonna,chi nel copriletto di un vecchio corredo, chi nel portafoglio di Papà, chi nella T shirt del primo ragazzo amato….
Svuotare subito gli spazi, disporre degli oggetti diventa allora una priorità assoluta e il modo personale di fare i conti con la perdita. E così, cambia il rapporto con quegli oggetti, quegli spazi, che vengono ripuliti, trasformati, cambiati al più presto possibile a cancellare (in realtà, a tentare di cancellare) ogni traccia della vita dell’altro o del dolore che la vita dell’altro ha portato o, semplicemente, del dolore dell’assenza.
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