Varie
Foto: © Alberto Terrile 2004
La “delicatezza” è qualcosa di attivo, la “sensibilità” si dice sia passiva. Chi è sensibile è più vulnerabile, perché coglie aspetti infinitamente piccoli del bene come del male e li percepisce come avessero la forza dell’uragano. Le persone sensibili fanno esperienza della loro vulnerabilità attraverso quanti sfruttano questo loro dono per ferirli .Spesso le persone sensibili divengono aggressive.
Vivo la mia sensibilità, di frequente, con dolore. Relazioni sociali, d’amicizia e l’amore sono potenti detonatori.
La sensibilità è la mano che spettina il campo carezzando fiori ed erbe, è lo sbuffare del fanciullo d’un tempo, del tempo che fù.
Oggi sono triste perché in quel passaggio di volti e cose che è la vita ho dovuto accettare la perdita di un’altra creatura amata. Avevo una gatta nera con una macchia bianca sul petto che lasciai ai miei genitori a fine 93. Viaggiavo e non volevo restasse troppo sola. M’assomigliava nel suo essere dolce come improvvisamente aggressiva. Ostinata nel perseguire i suoi desideri quanto io fui caparbio nell’inseguire la Visione e l’immaginario.
Se lasciata libera di essere sé stessa dava molto ma alle sue condizioni….e forse in questo io le assomiglio.
Ieri un intervento lungo dal veterinario per due linfonodi, l’asportazione di un lungo pezzo di intestino ma quando il nome che porti dentro è sarcoma le speranze sono poche. Mentre la notte sfumava nel mattino delle cinque un ultimo piccolo suono le è uscito dalla gola,poi s’è consegnata alla morte, semi incosciente raggomitolandosi ma tirando fuori le unghie ancora una volta.
Stamane il cielo era terso e il vento forte, ho indossato occhiali da sole che non porto mai e messo in bocca mezzo toscano, nella mano sinistra il peso di quattordici anni d’amore, nella destra un po’ tremante le chiavi dell’auto.
Le lacrime rigavano carezzando la mia pelle mentre ce ne andavamo via assieme ancora una volta, l’ultima…. niente gabbietta questa volta, al mio fianco sul sedile, ascoltando una delle mie solite musiche.
18 Comments
gioeco
Il dolore che rompe il silenzio che fa scempio dentro lo scrigno del dolce sentire.
Il peso di un ricordo che si fa macigno sul capo chino per non guardare ciò che sta dinanzi.
Il fuori luogo di chi non ha modo di comprendere il senso di un sentire intenso.
Un telefono che squilla, quell’odore che ricorda, quella presenza che si fa eco, quell’ombra che si fa speranza e poi lo sguardo che sembra riflettersi sui volti ignari di chi si incontra.
Tutto per volere della trama di un giorno che non sarà mai più come quelli già stati, poichè sempre più vicina all’istinto di non crede mai possibile quella sua dipartita.
Sentitamente
Giòeco
albertoterrile
Un tempo pensavo….se riesco a fare i soldi mando tutti in culo e faccio solo foto vere e mie….ma quel tempo non è ancora arrivato, mi accontento del poter dire OGGI NON LAVORO…come ho fatto…e sto con i miei genitori…a parlare, ricordare….qualche anno fà non mi sarei potuto permettere neanche questo…
utente anonimo
se potessi permettermi un giorno di ferie me ne andrei al mare saltando il Natale ma non tanto per la ricorrenza quanto in onore di ciò che non rappresenta per chi una famiglia non ha o non ha nulla da festeggiare.
Stanchezza, malessere, delusione, solitudine, tante le motivazioni riconducibili all’infinitesima voglia di sospensione per non dover mediare un sorriso che non sia possibile provare prima dentro.
Se potessi non provare il sapore dello sconforto generato dalla mia capacità di dolore farei sicuramente volare i miei sogni.
Ti sono vicino.
Cordialmente
Giòeco
utente anonimo
oggi ho rivisto la mia gatta dopo quasi otto mesi,ora vive con la mia ex moglie.Mi ha riconosciuto e mi è venuta incontro e il cuore mi si è fatto piccolino.La mia ex invece mi ha consegnato la mia posta .Questo natale lo patisco più degli altri perchè per come lo vivo io è il piacere di ritrovare tutta la famiglia per stare insieme in spensieratezza.Quest’anno non accadrà ,un vero peccato ,almeno la gatta ha manifestato un comportamento gioioso questa mattina.
albertoterrile
@anonimo
….le storie che terminano per gli umani, non terminano per quei portatori sani di anima che siamo usi “nomare” animali.
La vita è un viaggio nel quale dobbiamo affrontare differenti abbandoni, perdite,lutti. Finchè testimoniamo questo, vuol dire che ancora facciamo parte della “piece”….il silenzio dei dolori è la consegna alla morte….per qualcun altro un salto di livello ulteriore di coscienza che da occidentale non mi è dato conoscere.
Credo comunque che il dolore sia un elemento per sottolineare una crescita ad una nuova consapevolezza…..non ho mai vissuto passaggi indolori….nel bene come nel male….
Mi stringo a mè stesso quando stò male e sopravvivo…poi torno alla vita….una vita sempre nuova!
utente anonimo
Di nuovo un altro mattino da masticare
E i miei gesti già usati non hanno sapore
Ci sei, ma non parli, col tuo niente da dire
Io che resto in silenzio, non voglio vedere
Che questa storia è finita da anni
Prende vita, qualche volta nei sbiaditi ricordi
Consumata dai nostri egoismi
Tanto adesso, prendo la porta e metto fine al silenzio
Ci sarà pure un posto che metta fine a questo martirio
Perché tanto nei sogni, non so più sognare e
Il mio corpo, una casa vuota, dove nessuno vuole
Più entrare
Sarà per i muri che alzo, a difesa di cosa?
Di un corpo che gira vagabondando con
Sempre in tasca una scusa
Una scusa per non mettermi in gioco
Che così non mi sbaglio
Ormai non c’è neanche la paura
Di cambiare binario
Indifferente deraglio
auguri a tutti gli utenti del blog da fester
albertoterrile
@ƒester …..sono lontano e senza connessione…la scrocco….spero le parole giochino di poesia e non dicano il vero…..
CI SEMBRA DI ESSERE DELLE ESISTENZE DISABITATE….MA NON E’ COSI’!!!!
utente anonimo
grazie it, per definire quelle parole poesia, troppa grazia. Comunque si, si tratta di un vecchio testo riesumato per l’occasione, quale, boh? Se avessi notizie di Edo, mi farebbe piacere sapere come sta. Io non lo posso contattare perchè dopo quel che è successo non credo gli faccia sapere sentir parlare di me. Comunque se ti capita salutamelo. Ti rinnovo gli auguri e ti saluto. Alla prox. Fester
albertoterrile
Edo ha voluto il tuo numero di casa….dopo aver saputo di ultime news….e del fatto che eri apparso sul blog…pensavo ti avesse già chiamato….se lo chiami tu gli fai piacere…scrivimi una mail e ti dò i suoi numeri nel caso non li avessi più…..
contact@albertoterrile.it
utente anonimo
ero passata per augurarti Buon Natale, e mi sono imbattuta in questo post…mi si è stretto un pò il cuore, visto che anch’io vivo tra i gatti ed ho una “figlia” gatta che quando traslocherò col bimbo non potrò portare con me…ma spero che questi giorni di forte tristezza siano passati e che adesso le Feste ti abbiano ridonato un pò di serenità… un abbrccio affettuoso..
utente anonimo
ciao it, ho sentito quella sporcacciona di edo. Le feste son finite e mo si ricomincia a pestare sui tasti. Buon anno it a te e ai vecchi tempi, quelli da salvare ovviamente. fester
utente anonimo
Alberto,
posso sdrammatizzare un pochettino? Senti, non è che adesso cambi lo sfondo della tua home page e ci metti lo scheletro del gatto, vero?
Un tuo allievo che ti fa paura(parole tue)
albertoterrile
Nessuno scheletro di gatto…tutti tranquilli…circa il nuovo sito avrei delle idee………………..ma prima che trovi chi le accoglie…..è il solito problema….occorerebbe saper far tutto da soli….
utente anonimo
ET…no ET no…
pensavo, anzi speravo che almeno da te ci fossero buone nuove…qui ancora non si chiude la porta del 2006…sembra faccia resistenza…ecchediamine, non è iniziato per niente bene e come sai, noi creature marine facciamo troppa fatica…boccheggio qui, spero che resista l’ossigeno.
quanto mi dispiace per la gatta, quanto mi dispiace.
Ti abbraccio
gioeco
Alberto non dirlo a me.
Davvero bisognerebbe saper fare tutto da soli.
Il problema è che se chi deve collaborare con te intuisce subito che stai realizzando un progetto interessante la prima cosa che fa è quella di aumentarti la tariffa.
Certe volte penso alla BANCA del TEMPO come ad una esigenza irrinunciabile e che mi piacerebbe mettere su in forma autonoma.
Ognuno di noi può avere piccole competenze solo apparentemente inutili od inutilizzabili nel proprio ambito quotidiano.
In questo periodo sto lavorando con una donna specializzata in grafica web (le donne hanno quel non so che in più in fatto di creatività) e per fortuna si sta rivelando capace di intuire ciò che ho ben chiaro nella mia mente ma non riesco a realizzare per i motivi di cui sopra (le tariffe/compensi/o come vogliamo chiamarli)
In questi casi l’arma vincente è la pazienza.
Alla mia grafica ho fatto vedere il tuo sito.
All’inizio per lo scheletro è rimasta un po’ stupita poi però ha capito che non conta ciò che appare ma ciò che fa parlare di sè.
Cordialmente
Giòeco
utente anonimo
Ciao Alberto,
Rieccomi qui, dopo la pausa delle feste, i pochi giorni liberi che sono volati via, niente ferie, tanto lavoro, ma va bene così, mi rifarò.
Il 2006 si è chiuso con un’altra perdita anche per me. Si chiamava Silvia, l’avevo incontrata alla Clinica Chirurgica del San Martino, dove l’avevano operata prima di me. Le avevano portato via il colon, c’erano già metastasi, ma lei non lo sapeva, tutto era nato da una colite ulcerosa, il cancro non era stato diagnosticato in tempo, in un altro centro avevano sbagliato tutto, diagnosi e terapie, e arrivata lì la situazione era già compromessa. Hanno fatto quello che han potuto per farla vivere, e lei ci credeva, lo voleva disperatamente. Aveva ventinove anni, quasi trenta, quando ci siamo conosciute. Pochi giorni sono bastati a farmi capire che era una persona speciale, che nonostante la sofferenza riusciva a sorridere, a non lamentarsi mai. Io dovevo essere operata di cancro al seno, un piccolo nodulo, sarei uscita il giorno dopo. Mi aspettavano le terapie, ma ancora non lo sapevo. Lei sarebbe rimasta in clinica per un mese ancora. Prima di andarmene l’ho salutata e per farla sorridere le ho promesso che ci saremmo fatte un bel tatuaggio, alla fine di quell’avventura. Dopo sono passata a trovarla quando andavo in ambulatorio per i controlli, le tenevo la mano, sapevo che c’era speranza, lo vedevo nei suoi occhi. La notte era sempre assistita dalla madre, dal marito, che dopo al mattino presto andava a lavorare, dalla sorella. Alla fine era uscita da lì, altri interventi, una vacanza strappata alla malattia, il viaggio di nozze che non aveva mai fatto, e sembrava stesse meglio. Avremmo dovuto rivederci, poi non aveva potuto, avevamo rimandato, aspettavo una bella notizia. Poi la ricaduta, nessuna ricostruzione possibile, il male se l’è presa qualche giorno prima di Natale. I miei messaggi sms senza risposta, un presentimento, il mio messaggio in segreteria che non ha mai ascoltato. Mi ha chiamata suo marito Giacomo, dopo Natale. Se n’è andata nella loro casa, tra le sue braccia, dopo aver lottato fino all’ultimo. Aveva trentadue anni, a maggio avrebbe compiuto trentatre anni, a giugno avrebbero festeggiato dieci anni di matrimonio. I fiori glieli ho portati al cimitero domenica, con Giacomo, che ancora non si è reso conto del tutto di quello che è successo. Non può finire tutto dietro un muro, dice, e anch’io lo penso. Non può.
Quando ho saputo che era morta ho pianto come non mi succedeva da tanto tempo, qualcosa dentro di me urlava che non può finire così, che non può essere vero, no.
Non so dove sono ora Silvia e la tua gatta tanto amata, spero solo in un bel posto.
Felice anno nuovo,
Un abbraccio.
Paola
gioeco
Un muro, quattro visi un affetto sincero ed un solo rumore generato da un dolore, profondo, in salita, intenso, reso ancor più asfissiante
dall’ingenuità di un bimbo ferito di striscio da quello scorcio di vita maledettamente disarmante.
Il freddo di un mattino a far da compagno all’ultimo saluto prima di caricare su il peso del ricordo.
Mille aghi nella mente, pungenti come gli infiniti frammenti di serenità andata in pezzi.
E ritrovarsi lì a scaldare il cuore con l’unica fonte di calore disponibile, tante piccole lacrime ancora fumanti per non sentire macigno l’assenza ed ancor più l’incapacità della gente di intuire il momento esatto per zittire. Tentare così di rincollare quelle tessere di un puzzle caduto di botto senza nemmeno avvisare.
Il muro sempre lì ed aver paura di andare, con la certezza di aver dimenticato tutto; guardare la casa con un’altra ottica.
Intravedere una scia e sentire il cuore andare via, eppoi, tonare subito indietro sotto l’effetto di una armonia discontinua, distraendo senza soluzione di continuità gli occhi dagli oggetti che più hanno disseminato tepore, serenità, dal maglione ancora troppo carico di quell’odore così familiare.
Tutto ciò senza poter dire o fare nulla semplicemente accettando.
gioeco
Se non è questo l’inferno !!!!!
Sono convinto che “il paradiso” spetterà di diritto.
Cordialmente
Giòeco