mitografia del quotidiano
Malinconia di mio Padre
Ripongo con cura nel mobile, come fossero reliquie, alcuni fumetti di Tex Willer. Li compero e li porto a mio padre che ha ottantasette anni perché so che ama leggerli. Non sono mai stato un amante del genere western al contrario del mio babbo.
Quando ero bambino, attorno ai sei anni circa e con un padre di trentasei , amavo dannatamente il sabato. Quello era l’unico giorno che trascorrevamo assieme, il mattino a far la spesa alla Standa e nel pomeriggio c’era il rito del film al Cinema. Lux, Ideal, Diana, Flora, Ambra questi erano i nomi di alcune sale dove cominciai a farmi una cultura sui western all’italiana.
Mio Padre e la zia Idin
La zia Idin che era titolare del Chiosco in fondo a viale delle Palme a Nervi
Mio padre, di origini operaie, trascorse la sua infanzia investendo i pochi soldi che una zia era usa elargirgli per comperarsi dei libri o andare al cinema a guardare i classici americani di John Ford. Quel bimbo riccioluto restava in sala stringendo un piccolo sacchetto di caramelle ben oltre la prima proiezione. Il fascino di quel quel mondo fatto di polvere, di cavalli e di frontiere era un buon motivo, per rivedere nuovamente la pellicola magari in compagnia degli spettatori del secondo spettacolo.
Ancora oggi mio Padre si tuffa nei libri molte ore del giorno. Leggere le storie e le altrui avventure è un modo per sospendersi in un mondo di fantasia.
Credo che all’inizio della vita d’ogni bimbo vi sia quella bellezza che è “semplicità totale”. Per questa, anche una volta cresciuti, dovremmo abbandonare tutto lasciando scivolare le difese (quei muri che abbiamo edificato a seguito di sconfitte e dolori) in favore dello stupore e della gioia che appartiene, da sempre, alle piccole cose.
Mio Padre oggi in un momento di riflessione
Da figlio, ho malinconia di mio Padre perché, a causa di un carattere un po’ orso, sembra avere sempre meno tempo per ascoltarmi o per condividere con me una breve passeggiata, un discorso.
Un giorno, ricordo che mi disse :- Sai, mio padre ( il nonno che non ho conosciuto e mancò quando avevo sei mesi) mi portò una sola volta a fare un giro assieme nella sua breve vita.
Mio padre viene da quel ceppo. Replica, forse inconsapevolmente, quel gesto ritratto che pare sottrarsi irrimediabilmente al rapporto.
Io, nella mia infinita piccolezza, non riesco a non soffrirne.
In via Vecchi
Non sono mai stato padre e resto per sempre un figlio, suo figlio.
Non sono capace di ispirarmi a quel Padre per eccellenza che chiamiamo Dio, quel Padre che senza pregiudizi e preferenze, ma con infinita misericordia e profondo amore, riesce a capire tutto e perdonare.
Non sono mai stato padre e resto per sempre un figlio, suo figlio.
One Comment
Franco Zaio
Ciao Alberto, questo post mi tocca particolarmente. Forse è il destino della nostra generazione, aver avuto dei padri poco disponibili all’affettività, dato che a loro volta ebbero dei padri “tutti d’un pezzo”, che ritenevano certe cose “smancerie” (così mio padre definiva abbracci e baci). Credo (spero) di essere stato un padre molto diverso coi miei figli, anche se è vero: rimango sempre figlio di un padre che non mi ha mai abbracciato, nè dato troppa confidenza. Ancora adesso che non c’è più, di lui mi manca quello che avrebbe potuto essere, forse più di quello che è stato.E’ abbastanza assurda questa nostalgia di qualcosa che non ci fu, assomiglia alla nostalgia per quel padre che da bambino chiamavo Dio.