mitografia del quotidiano
Le borse sotto gli occhi di Nilve Guccini
La mia bisnonna paterna Nilve Guccini
Che storia curiosa, mio padre ha avuto due nonne con lo stesso cognome ma non erano parenti tra loro. Nilve Guccini, che lasciò in eredità alla stirpe quelle pesanti borse sotto gli occhi che anche io porto sposò Antonio Terrile, mentre l’altra nonna Enrica Guccini sposò Enrico “Chico” Passini.
Entrambe erano originarie dell’appennino toscoemiliano ma non mi risulta esser imparentato col più noto cantautore e romanziere Francesco Guccini.
Enrica che ho conosciuto e sposò Chico portò in dono una storia in comune con l’Amerigo di Guccini, un prozio che cercò fortuna in America.
Ma il mio bisnonno Chico, fu nettamente più sfortunato di Amerigo, ecco cosa mi raccontò mio padre, queste sono le sue parole scritte…
Ricordo di quanto mi raccontava (attorno agli anni 1938/40) mio nonno Passini Enrico (fù Anselmo ) nato a Iola nel 1877, e da tutti chiamato Chico, circa il suo brevissimo soggiorno negli Stati Uniti.
La famiglia Passini risiedeva nel Trebbo di Iola. Per lunga tradizione gli uomini erano soliti alternare al lavoro dei campi quello di falegname che svolgevano nella “bottega” sita al piano terra della casa che abitavano. Ancora nell’immediato dopoguerra, saltuariamente i miei zii Domenico e Giuseppe vi eseguivano dei lavori. Su ordinazione i Passini realizzavano di tutto : culle, carri agricoli, mobili (dal cassone per il grano e la farina alla madia per il pane, dal baule per il corredo alla camera da letto per una nuova coppia di sposi) e purtroppo anche casse da morto. Usando il linguaggio della comunicazione pubblicitaria, oggi potremmo dire che i Passini accompagnavano con i loro manufatti i loro clienti “per tutta la vita ……ed oltre”.
Nel periodo compreso tra l’ultimo decennio dell’Ottocento ed il primo del Novecento, in fasi successive, ben quattro fratelli Passini tentarono l’avventura americana, di questi, i due più anziani terminarono la loro esistenza in terra d’America.Gli altri due invece rientrarono ma per uno, mio nonno Chico si trattò di un rapido Andata e ritorno.
Era accaduto che, tramite un compagno emigrato era giunta la richiesta da parte di una ditta americana per un falegname e sull’onda dell’entusiasmo mio nonno decise di unirsi ad un suo fratello maggiore e partire.
Salparono da Genova e sbarcarono a New York. Passarono attraverso l’imbuto di Ellis Island dove “gli immigrati” venivano visitati, controllati ed infine, se fortunati ottenevano il visto di ingresso ed erano ammessi. Proprio qua i sogni di mio nonno svanirono. La richiesta di lavoro faceva riferimento ad una sola persona, perciò niente visto. Non gli restò che salutare il fratello, che mai più avrebbe rivisto (risulta infatti che morì poco tempo dopo nel tentativo di guadare un fiume) e fare ritorno a casa.
Correva l’anno 1898 e mio nonno aveva 22 anni, la situazione economica della famiglia non era delle più disperate ancorché difficile, per cui da quanto mi disse non ne fece una tragedia, sbarcato a Genova andò Sottoripa (un quartiere della città adiacente al porto ) si fece una bella mangiata e spese gli ultimi soldi rimasti nell’aquisto di un fucile da caccia.
Tornato a Iola si diede da fare e mise su famiglia (con mia nonna Guccini Elvira di Iola) e nell’arco di tempo tra il 1901 e il 1917 concepì 9 figli oltre a partecipare come riservista alla guerra del 1915/18 dove in qualità di falegname venne impiegato per la costruzione dei rifugi. Ogni volta che parlava di questo si rammaricava “ per tutto quel bel legname che andava perduto”
La figlia di Nilve col marito
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