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Natale con William S. Burroughs // An incredible holiday tale
Il Natale del tossicomane
di William Burroughs
Era il giorno di Natale e Danny il Lavamacchine uscì in strada senza un soldo e in crisi di astinenza dopo settantadue ore nella guardina del commissariato. Era una bella giornata limpida, ma non c’era calore nel sole. Danny rabbrividiva di un freddo interiore. Tirò su il bavero del suo soprabito nero, liscio e unto.
Questa palandrana, non mi darebbero neanche una moneta a impegnarla, pensò.
Era verso la Novantesima Strada West. Un lungo isolato di pensioni dalla facciata di pietra scura. Qua e là una ghirlanda in una finestra nera e pulita. I sensi di Danny registravano tutto nitidamente con la dolorosa intensità dell’astinenza. La luce gli feriva gli occhi dilatati.
Passò di fianco a una macchina e lanciò uno sguardo furtivo dei suoi occhi azzurro pallido in una rapida valutazione. C’era un pacco sul sedile e uno dei deflettori non era chiuso; Danny continuò a camminare per qualche metro. Nessuno in vista. Fece schioccare le dita ed eseguì una pantomima come di chi si ricordi di qualcosa, e girò su se stesso. Nessuno.
Brutto posto, decise. Con la strada così vuota, io do nell’occhio. Devo fare in fretta.
Allungò una mano verso il deflettore. Una porta si apri dietro di lui. Danny tirò fuori in fretta uno straccio e si mise a lustrare il parabrezza della macchina. Poteva sentire l’uomo in piedi dietro di lui.
«Cosa stai facendo?».
Danny si voltò con l’aria sorpresa. «Mi sembrava soltanto che i vetri della sua macchina avessero bisogno di una pulitina, signore».
L’uomo aveva la faccia da rana e un accento del Profondo Sud. Portava un cappotto di cammello.
«La mia macchina non ha bisogno di nessuna pulitina e nemmeno di nessuna rubatina».
Danny si scansò quando l’uomo fece per afferrarlo. «Non stavo cercando di rubare niente, signore. Sono del Sud anch’io. Florida…».
«Dannatissimo ladro infingardo! ».
Danny filò via in fretta e voltò l’angolo. Meglio uscire dalla zona. Quel cafone è probabile che chiami la polizia.
Camminò per quindici isolati. Il sudore gli scorreva giù per il corpo. Aveva un dolore aspro nei polmoni. Le labbra gli si stiravano sui denti gialli in un ringhio di disperazione.
Devo trovare una dose in un modo o nell’altro. Se avessi dei vestiti decenti….
Danny vide una valigia appoggiata sotto un portone. Pelle buona. Si fermò e finse di cercare una sigaretta.
Strano, pensò. Nessuno in vista. Forse dentro, che telefona.
L’angolo era a poche porte di distanza. Danny respirò a fondo e prese su la valigia. Arrivò all’angolo. Un altro isolato, un altro angolo. La valigia era pesante.
Qui ho fatto un bel colpo, pensò. Magari abbastanza per una dose forte e una camera. Danny rabbrividì e sussultò, sentendo una camera calda e l’eroina che gli si riversava nelle vene. Diamo un ‘occhiata.
Entrò nel Morningside Park. Non si vedeva nessuno.
Gesù, non ho mai visto la città così vuota.
Aprì la valigia. Due lunghi pacchi in carta marrone
«Okay». Danny prese i soldi. «Hai visto George il Greco?», chiese.
«Dove sei stato? L’hanno arrestato due giorni fa».
«Oh… Peccato».
Danny uscì. Adesso da chi posso andare? pensava.
George il Greco era durato tanto che Danny pensava a lui come a qualcosa di eterno. Era buona eroina, poi, e non tagliata.
Danny arrivò fino all’angolo della 103aTh a Broadway. Da Jarrow’ s non c’era nessuno. Nessuno all’Automat.
«Già», ringhiò. «Tutti gli spacciatori stanno a fare un pisolino da qualche pane. Cosa gliene frega degli altri? Gli basta essersi fatta la loro dose. Cosa gliene frega di un drogato che sta male?».
Si pulì il naso con il dito, guardandosi in giro furtivamente.
Non conviene andare da quei brutti tipi di Harlem. Come niente mi danno un sacco di botte per i soldi oppure mi danno del veleno da topi. Forse trovo Pantopon Rose tra l’Ottava e la Ventitreesima.
Non c’era nessuno che conoscesse da Thompson sulla Ventitreesima.
Gesù, pensò. Dove sono tutti?
Si teneva stretto il bavero del soprabito con una mano, mentre guardava su e giù per la strada. Quello è Joey di Brooklyn. Riconoscerei quel cappello dovunque.
“Joey! Ehi, Joey!”.
Joey si allontanava, con la schiena rivolta a Danny. Si voltò. Il volto era tirato, come un teschio. Gli occhi grigi scintillavano sotto un feltro grigio bisunto. Joey tirava su col naso a intervalli regolari e gli lacrimavano gli occhi.
Non c’è nemmeno da chiedere, pensò Danny. Si guardarono a vicenda con l’odio della delusione.
«Forse hai sentito di George il Greco», disse Danny.
«Già. Ho sentito. Sei stato su alla 103aTh.
«Si. Vengo da lì. Non c’è nessuno».
«Non c’è nessuno in nessun posto», disse Joey. «Non riesco nemmeno a trovare le goofralls».
«Be’, buon Natale, Joey. Ci vediamo».
«Già. Ci vediamo».
Danny stava camminando alla svelta. Si era ricordato di un medico nella Diciottesima Strada. È vero che il dottore gli aveva detto di non tornare. Però, valeva la pena provare.
Una casa dalla facciata scura con un cartello a una finestra: P. H. Zunniga, M. D.
Danny suonò il campanello. Senti dei passi lenti. La parta si apri, e il dottore guardò Danny con gli occhi scuri iniettati di sangue. Vacillava leggermente e appoggiava il corpo grassoccio allo stipite della porta. Aveva una faccia liscia, di tipo latino, boccuccia rossa e debole. Non disse niente. Stava là appoggiato, e guardava Danny.
Maledetto alcolizzato, pensò Danny. Sorrise.
«Buon Natale, dottore».
Il medico non rispose.
«Si ricorda di me, dottore?». Danny cercò di infilarsi oltre il dottore, nella casa. «Mi dispiace di importunarla il giorno di Natale, ma ho avuto un altro attacco».
«Attacco?».
«Sì. Nevralgia facciale». Danny contorse un lato della faccia in una smorfia orribile. 11 dottore sì ritrasse leggermente, e Danny si spinse nell’anticamera buia.
«Meglio chiudere la porta o si prenderà un raffreddore», disse in tono gioviale, spingendo la porta.
Il dottore lo guardava, gli occhi gli si mettevano visibilmente a fuoco. «Non posso farle nessuna ricetta», disse.
«Ma, dottore, questa è una situazione legittima. Un’emergenza, sa».
«Niente ricette. Impossibile. È contro la legge». «Lei ha fatto un giuramento, dottore. Sono in agonia». La voce di Danny sali fino a un lamento straziante e isterico.
Il medico chiuse gli occhi e si passò una mano sulla fronte.
«Mi faccia pensare. Le posso dare una tavoletta da un quarto di grano. E tutto quello che ho in casa».
«Ma, dottore… un quarto di…».
Il medico lo interruppe. «Se la sua condizione è legittima, di più non le serve. Se non lo è, io non voglio aver niente a che fare con lei. Aspetti qui».
Si allontanò barcollando giù per il corridoio, lasciando una scia di fiato all’alcool. Tornò e fece cadere una tavoletta nella mano di Danny. Danny la avvolse in un pezzetto di carta e la mise via.
«E gratis». Il dottore mise la mano sulla maniglia. «E adesso, mio caro…».
«Ma, dottore… non me la può iniettare?».
«No. Avrà un effetto più lungo se la userà per via orale. Per favore non torni più». Il dottore aprì la porta.
Be’, questo servirà a qualcosa, e ho ancora i soldi per una stanza, pensò Danny.
Conosceva un drugstore che vendeva aghi senza far domande. Comprò un ago da insulina numero 26 e un contagocce, che scelse con cura, scartando i modelli di forma curva o con la punta grossa. Alla fine prese una cosa per bambini, da usare al posto del poppatoio. Si fermò all’Automat e rubò un cucchiaino da tè.
Danny spese due dollari per una stanza da sei dollari la settimana nella zona della 40a West, dove conosceva il padrone. Chiuse a chiave la porta e mise il suo cucchiaio, l’ago e il contagocce su un tavolino vicino al letto. Mise la tavoletta nel cucchiaino e la ricoprì con il contenuto del contagocce in acqua. Tenne un fiammifero sotto il cucchiaino finché la tavoletta si sciolse. Strappò una strisciolina di carta, la bagnò e l’avvolse intorno all’estremità del contagocce, adattando l’ago alla carta bagnata in modo che tenesse ermeticamente.
Prese un po’ di lanugine dalla propria tasca e la mise nel cucchiaino e succhiò il liquido nel contagocce attraverso l’ago, tenendo l’ago sulla lanugine in modo da tirar su fino all’ultima goccia.
Le mani di Danny tremavano di eccitazione e il respiro gli si accelerava. Con una dose davanti a lui, le sue difese cedevano, e i sintomi dell’astinenza gli invadevano il corpo. Le gambe cominciarono a scuotersi e a dolergli. Un crampo gli si agitò nello stomaco. Le lacrime gli scorrevano giù per il volto dagli occhi secchi, brucianti. Si avvolse un fazzoletto intorno al braccio destro, e ne tenne un capo tra i denti. Annodò il fazzoletto, e cominciò a strofinare il braccio per trovare una vena.
Forse posso bucare questa, pensò, scorrendo un dito lungo una vena. Prese il contagocce con la mano sinistra.
Udì un lamento provenire dalla stanza accanto. Fece una faccia infastidita. Un altro lamento. Non poteva non ascoltare. Si mosse attraverso la stanza, con il contagocce in mano, e tese l’orecchio verso la parete. I lamenti venivano a intervalli regolari, un orribile suono inumano spinto fuori dallo stomaco.
Danny ascoltò per un minuto intero. Tornò al letto e si sedette. Perché nessuno chiama un dottore? pensò indignato. E una bella noia. Tese il braccio e tenne l’ago pronto. Inclinò la testa, ancora in ascolto.
Oh, Cristo santo! Si tolse il fazzoletto e mise il contagocce in un bicchiere, che nascose dietro il cestino dei rifiuti. Uscì sul corridoio e bussò alla porta della stanza accanto. Non venne risposta. I lamenti continuavano. Danny provò la maniglia. Era aperto.
Gli scuri erano aperti e la stanza era piena di luce. Si era aspettato qualcuno di vecchio, ma l’uomo sul letto era molto giovane, sui diciotto o vent’anni, completamente vestito e rannicchiato sul letto con le mani strette sullo stomaco.
«Cosa c’è, ragazzo?», chiese Danny.
Il ragazzo lo guardò, con gli occhi vacui dal dolore. Alla fine fece uscire una parola: «Reni».
«Calcoli renali?». Danny sorrise. «Non è che ci trovi niente di divertente, ragazzo. E solo che… io ho finto di averli tante volte. Non avevo mai visto la cosa dal vivo. Chiamo un’ambulanza».
Il ragazzo si morse il labbro. «Non vengono. I dottori non vengono». Il ragazzo nascose la faccia nel cuscino.
Danny annuì. «Credono che tu sia soltanto un drogato che fa la scena per una dose. Ma il tuo caso è legittimo. Forse se andassi io all’ospedale e spiegassi come stanno le cose… No, non credo che andrebbe».
«Non abito qui», disse il ragazzo, con voce attutita. «Dicono che non ne ho diritto».
«Sì, lo so come sono, i bastardi burocrati. Avevo un amico, che è morto per il morso di un serpente proprio in sala d’attesa. Non gli hanno dato nemmeno ascolto quando ha cercato di spiegare che un serpente lo aveva morso. Non ha mai avuto faccia tosta. E successo quindici anni fa, giù a Jacksonville…».
La voce di Danny si spense. Di colpo tese la sua magra mano sporca e toccò il ragazzo sulla spalla.
«Io… mi dispiace, ragazzo. Aspetta qui. Faccio qualcosa».
Andò nella sua stanza e prese il contagocce, e ritornò nella stanza del ragazzo.
«Tirati su la manica, ragazzo». Il ragazzo annaspava con la debole mano sulla manica della sua giacca.
«Va bene. Lascia fare a me». Danny slacciò il bottone della camicia al polso e tirò su camicia e giacca, scoprendo un sottile avambraccio bruno. Danny esitava, guardando il contagocce. Il sudore gli colava giù per il naso. Il ragazzo lo stava guardando. Danny spinse l’ago nell’avambraccio del ragazzo e guardò il liquido entrare nella carne. Si rialzò.
La faccia del ragazzo cominciò a rilassarsi. Si alzò a sedere e sorrise.
«Dì, quella roba funziona davvero», disse. «Lei è un dottore, mister?».
«No, ragazzo».
Il ragazzo si rilassò, stirandosi. «Ho proprio sonno. Non ho dormito per tutta la notte scorsa». Gli occhi gli si chiudevano.
Danny attraversò la stanza e chiuse gli scuri. Tornò nella sua stanza e chiuse la porta ma senza girare la chiave. Si sedette sul letto, e rimase a guardare il contagocce vuoto. Fuori si stava facendo scuro. Il corpo di Danny soffriva per l’astinenza, ma era un dolore sordo adesso, sordo e disperato. Rigidamente, staccò l’ago del contagocce e lo avvolse in un pezzo di carta. Poi avvolse insieme ago e contagocce. Rimase lì seduto con il pacchetto in mano. Devo metterlo via in qualche posto, penso.
Improvvisamente un’ondata calda gli pulsò attraverso le vene e gli arrivò alla testa come un migliaio di speedballs dorate.
Cristo Santo, pensò Danny. Deve essermi capitata la dose immacolata!
La serenità vegetale della droga si adagiò nei suoi tessuti. Il volto gli si rilassò, in pace, e la testa gli ricadde in avanti.
Danny il Lavamacchine era fatto.
William S. Burroughs, Interzona, Sugarco 1994
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