Ilaria P Lucca 12 ottobre 2011 ore 11:50
Lucca
12 ottobre 2011 ore 11:50
La poetessa Anna Maria Farabbi ha scelto quest’Angelo che tenga per mano questo suo testo :
questo viaggio questo viaggio questo viaggio
questo lunghissimo incontro con il creato
dentro cui lievito
innaffiando scalza tra i solchi del mio orto interiore
mentre il sole tramonta con una vastità impressionante
di rosso il mio ciliegio pieno risponde
da solo dieci pani, Lietocolle, 2009
Eccovi per conoscenza la mia motivazione:
Il 29 agosto 2010 scendevo in macchina dai monti dell’appennino tosco emiliano per tornare a Genova dove il giorno successivo avremmo disperso in mare le ceneri dell’adorato amico Lino Montemurro.
Tra i monti e il verde che lentamente lasciavo alle spalle rivedevo come spezzoni cinematografici i frammenti della mia relazione sentimentale da poco terminata sovrapporsi ai ricordi di Lino, l’amico che avevo accompagnato dolcemente alla fine dei suoi giorni in terra.
Il respiro si fece affannoso e il cuore prese a battere oltre il suo ritmo normale spalancando le porte ad un attacco di panico che detonò quando oramai avevo imboccato a Pistoia l’autostrada.
Fermo sulla corsia d’emergenza. Le quattro frecce lampeggianti sotto un caldo afoso mentre un serpente di vacanzieri rientrava dalle vacanze.
Mi sentivo solo.
Ero solo.
Nessuno mi attendeva a casa.
Facevo la conta di quanto avevo perso quell’anno.
Mi feci forza e lentamente, quasi la macchina barcollasse al pari del conducente, raggiunsi Montecatini Terme per uscire dall’autostrada.
La statale col suo ritmo più lento poteva forse calmarmi. Da Montecatini a Lucca trascorse un tempo infinito e quella città fu il simbolo di una nuova partenza, ripresi l’autostrada e nello stesso istante le redini della mia vita .
A Lucca, alcuni mesi dopo, il 12 ottobre realizzai un’immagine di catarsi personale, un atto psicomagico dove la natura dell’uomo (enfatizzata dai tatuaggi floreali che decorano il corpo di Ilaria) sposa la natura del paesaggio.
Ogni mia immagine è come un piccolo albero che pianto nella terra che sono.
“Quest’anno ho piantato un viale di tigli lungo la stradina che conduce al mio eremo: mi son chiesto se riuscirò a godere della loro ombra e soprattutto delle ventate di profumo dei loro fiori nel mese di maggio. Ma li ho piantati per rendere più bella la terra che lascerò, li ho piantati perché altri si sentano inebriati dal loro profumo, come lo sono stato io da quello degli alberi piantati da chi mi ha preceduto. La vita continua e sono gli uomini e le donne che si susseguono nelle generazioni, pur con tutti i loro errori, a dar senso alla terra, a dar senso alle nostre vite, a renderle degne di essere vissute fino in fondo”. Enzo Bianchi “Ogni cosa alla sua stagione” (pp.117.18) Einaudi editore
Realizzata con: Hasselblad 500 CM
Pellicola: Kodak T Max 400
Anno: 2011
Luogo: Lucca
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