Varie
Mio nonno in Africa con una piccola amica
Mia madre in Africa con una bambolina
Le due facce del rimorso/ Il viaggio d’Amore di Elvezia Tirone in Africa
Mio nonno Alessandro Tirone venne fatto prigioniero quando lavorava a Addis Abeba per la Fontana vetri. Mia nonna, donna tenace e innamorata, volle raggiungerlo a tutti i costi portandosi dietro mia madre Rosanna, che era la più grande delle due figlie. Ellade la più piccina rimase con gli zii, che divennero i suoi nuovi genitori. La mia bisnonna sconsigliò quel viaggio, ma la nonna Elvezia partì egualmente per raggiungere il suo Sandrino. Durante il viaggio in nave di un mese la bisnonna morì a causa di fibromi all’utero. Quel viaggio per Amore mostrò così le due tragiche facce del rimorso a mia nonna Elvezia: non aver dato retta alla madre che non potè più vedere e il trauma subito dalla figlia più piccola, troppo piccola per capire che la mamma non l’aveva abbandonata. Alla fine con ogni nostra azione, possiamo fare del bene come del male, magari involontariamente.Mia nonna, in fondo ebbe mia madre a diciotto anni…Elvezia era nata nel 1912…oggi forse tutto sarebbe molto diverso, molto più facile….io custodisco questo frammento come una testimonianza d’ Amore….e l’Amore credo non abbia leggi nè regole.
3 Comments
utente anonimo
La vita di ognuno di noi è un romanzo. Come tale, è più facile che l’occhio di un lettore, trovandosi alla giusta distanza, ne colga il disegno, senza soffermarsi su un punto soltanto, magari dolente.
Chi “ha letto” la mia vita a distanza, anni fa, ha ripercorso il viaggio della nonna e il suo amore, coraggio, dolore, rimorso. Da lei alla mamma e dalla mamma a me c’è stato un passaggio del testimone, rappresentato anche dai fibromi di cui siamo state operate tutte e 3 alla stessa età (io e la mamma addirittura nello stesso giorno e mese, a distanza di quasi 30 anni!) Il lettore della mia vita ha visto che laddove c’era una separazione dolorosa, io proprio là sono andata. E così eccomi a Milano da 21 anni, abitante a pochi metri da dove si trovava l’ufficio della Fontana presso cui lavorava la nonna…Ed eccomi lavorare da tempo per ong con progetti in Africa, e appassionarmi a questo continente tanto ricco e depredato. C’è una foto che mi ritrae a Nairobi, mentre intervisto un giovane venditore del giornale di strada kenyota “The Big Issue Kenya”. Io e lui siamo nella stessa identica posizione della mamma da bambina, ritratta con un amichetto etiope. A me ha fatto molto bene questa “lettura”, mi ha aiutata a sciogliere quei nodi di dolore che, se restano intatti, si tramandano di madre in figlia e di padre in figlio.
Ho capito il dolore della nonna solo in età matura e grazie a questo lettore. Prima ero troppo concentrata sul punto dolente, quello della separazione. Allontanandomi un poco ho scoperto che, invece, era un punto di congiunzione.
utente anonimo
Non capisco perché è rimasto anonimo il commento. Sono Eleonora
albertoterrile
…nel mio caso, scrivo non per metter in piazza tutto come parrebbe, ma per liberarmi di pensieri che spesso soffocano, poi li rileggo anni dopo e capisco quanto avevo ecceduto, trattenuto o sconfessato. Certo farlo di fronte ad uno psicanalista è più completo ma anche molto, forse troppo discreto. Credo che non ci si debba vergognare di nulla, siamo quel che siamo.
Certo il blog è spesso pericoloso,illude molti di conoscerti a menadito….grazie al blog ho preso l’abitudine di scrivere e ho pubblicato poi due libri POETI IMMAGINATI e NEL SEGNO DELL’ANGELO….ora ne avrei in mente uno strano di “conversazioni sull’immagine fotografica e non” a 4 mani……con chi?
Con Pasquale Misuraca…..ma…non gli ho ancora detto nulla, lo farò….