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LUCI D’INVERNO
Luci d’inverno filano tende di cotone. Le tue mani hanno sfiorato quei tessuti di color bianco che oggi ingiallisce nel ricordo.
L’albero di Natale , spento, pare cerchi di nascondersi persino alla luce della finestra . L’eco di festività e di ombre fonde riempie stanze disposte a lisca di pesce.
Nelle strade, la rabbia di gente scontenta sale al cielo sino ad intaccare l’arcobaleno rubandone i colori.
In questa giornata declinata all’indietro risento lo squillo del telefono che annunciò che te ne eri andata: sussultando nel sonno di un cuore malato, inquilino stanco nella prigione di un corpo curvo.
Lasci due lunghi binari per ripensarti ancora.
Gli oggetti d’affezione, oggetti che raccontano di noi, oggetti ora divenuti d’ altri, passando di mano in mano secondo quelle regole che gli umani chiamano eredità.
Sere d’inverno a contare le stelle con le mani sui vetri, quando ti credevo davvero per ogni cosa, perché ero innocente , fanciullo e con poca Vita dietro.
Quando si cresce ci si inzacchera con la propria e le altrui esistenze e se si è fortunati si diviene più saggi e a volte più tristi.
Quando i ricordi accendono falò che vorremmo spegnere e il vento sparpaglia scintille nella campagna secca l’augurio è che sia solo lo spettacolo per un bambino che ha ancora tanta voglia di sognare.
Luci d’inverno filano tende di cotone. Le tue mani hanno sfiorato quei tessuti di color bianco che oggi ingiallisce nel ricordo.
L’albero di Natale , spento, pare cerchi di nascondersi persino alla luce della finestra . L’eco di festività e di ombre fonde riempie stanze disposte a lisca di pesce.
Nelle strade, la rabbia di gente scontenta sale al cielo sino ad intaccare l’arcobaleno rubandone i colori.
In questa giornata declinata all’indietro risento lo squillo del telefono che annunciò che te ne eri andata: sussultando nel sonno di un cuore malato, inquilino stanco nella prigione di un corpo curvo.
Lasci due lunghi binari per ripensarti ancora.
Gli oggetti d’affezione, oggetti che raccontano di noi, oggetti ora divenuti d’ altri, passando di mano in mano secondo quelle regole che gli umani chiamano eredità.
Sere d’inverno a contare le stelle con le mani sui vetri, quando ti credevo davvero per ogni cosa, perché ero innocente , fanciullo e con poca Vita dietro.
Quando si cresce ci si inzacchera con la propria e le altrui esistenze e se si è fortunati si diviene più saggi e a volte più tristi.
Quando i ricordi accendono falò che vorremmo spegnere e il vento sparpaglia scintille nella campagna secca l’augurio è che sia solo lo spettacolo per un bambino che ha ancora tanta voglia di sognare.
(Nel ricordo di mia nonna Elvezia Tirone Volante mancata il 1 Febbraio 2004 a quest’ora)
4 Comments
utente anonimo
Sono toccata dalla profonda nostalgia di questo tuo pensiero e, poichè sono nonna e mi reputo anche un po’ artista, spero che un giorno il mio nipotino che oggi ha 8 anni possa pensare a me nel tuo stesso modo. Un saluto. Angela
albertoterrile
Per la nonna “Angela” (che non ho il piacere di conoscere se non attraverso questo pensiero)
Ieri era lavorativamente parlando la prima giornata dove avrei potuto rilasciare un pò la tensione di 4 giorni a 14 ore full time. E’ normale che il corpo molli le sue difese dopo tanta fatica fisica e psichica e tanto lavoro. Ma ieri ero strano, avevo una malinconia latente. Ho cercato i motivi nel mio recente trascorso fatto di mesi intensi inzuppati di dolori intimi,di incontri magici,di speranze,di messa a fuoco di certi problemi, di esami cercati e indotti di profonde confessioni extra blog….ma ero strano…c’era qualcosa che era del mio sentire, ma non era collocato in quello spicchio di mesi così gravidi che stavo vivendo….era qualcosa che stava più indietro.
Posteggiando l’auto ho guardato una cassa piena di libri di mia nonna: I promessi sposi, le opere di Dannunzio, il teatro di Shakespeare, Cecov…..e mi sono intristito. Il falegname troppo vecchio per finirmi quella libreria in legno ordinata, i libri nella cassa….un delitto che siano li. Mia nonna leggeva tanto e mi insegnò a leggere e scrivere un pò prima delle scuole. Lei era un’ impiegata che si consacrò per amore a mio nonno Alessandro un uomo caro e bellissimo, non lo dico per affetto, era un uomo semplice nato in un minuscolo paese del Piemonte Settime d’Asti, ma aveva un fisico asciutto,portamento e eleganza e un viso dai tratti perfetti, proporzioni meravigliose,naso piccolo e dritto….era un disegno di beltà. Mia nonna lo ha amato con possessività sin da giovanissimi, sino alla sua morte nel 1977 per cancro.
Salii in casa dai miei, oggi guardando mia madre ritrovo spesso mia nonna,sebbene Rosanna abbia molto di mio nonno Alessandro….oggi mia madre è una piacente signora con i capelli bianchi, non si è mai tinta, non ha mai camuffato l’età….da giovane era molto molto bella, ho delle foto che lo mostrano indiscutibilmente….ricordo Raffaello mio compagno di scuola che veniva a studiare da me perchè segretamente innamorato di lei….Raffaello che suonava il violino,chissa dove è oggi. Guardo mia madre e lei mi ricorda che alle 17,25 di tre anni prima, pochi giorni prima di compier gli anni mia nonna Elvezia era morta.
Ecco perchè mi sentivo “senza un senso” ecco quella vertigine malinconica sottesa al mio vivere, ecco che ancora una volta “sentivo lei come tante altre persone” non attraverso i 5 sensi comuni. Stavo facendo ancora esperienza di un altro “sentire” col quale dopo tanto tempo oggi so convivere. Il giorno con la ricorrenza ed il suo spirito stavano sfiorando la mia distanza fisica, il mio essere ancorato in terra per questioni biologiche e di progetto. Ho capito (dimentico dell’anniversario) che il mio inconscio ma preferisco dire il profondo, il luogo dove Dio abita, il luogo dove discendiamo in meditazione stava cercando di risvegliarmi alla sordità del quotidiano.
Volevo dedicarmi a me ieri, prima di trascorrere la serata con un amico folle, poeta e mistico,ottimo fotografo, ma di professione “ambulante con gioielli autoprodotti”. Mi dedicai quindi involontariamente, senza il progetto dell’uomo al ricordo e ne ho scritto.
Quando scrivo è perchè devo, perchè non voglio contenere queste emozioni e desidero condividerle….se Angela spera che il suo nipotino possa pensare così, dirò ad Angela:- Mia nonna mi fù accanto tanto, giocò con me, mi insegno cose della vita,aiuto il mio spirito poetico per le cose, inventando giochi che espandessero la coscienza di un fanciullo, assecondando la mia indole….e lo fece, con dei modi così belli, lei razionale,lei ragionata,lei che era apparentemente una donna chiusa, silenziosa,introversa….con me offriva una natura disponibile e aperta. Pare il mio primo sorriso neonato sia stato per lei…..e credo che anche l’ultimo di questi miei sorrisi a lei potrebbe ritornare, quando verrà il mio momento….perchè io credo che reincontrerò VIS A VIS queste persone care….Fabio, Paolo, Gaetano, i miei nonni e nonne e tante altre persone che mi sono state e mi sono vicine, oggi in questo unico mondo fatto di VISIBILE E DI INVISIBILE.
ilaele
quanto lutti, quanti dolori ci appesantiscono l’esistenza…Ma forse qualcosa di bello resta..lo si intravede tra le tue parole cariche di magia e di senso..
Un abbraccio caldo,
Ila
utente anonimo
Sempre più spesso sento che stiamo tutti camminando verso quello che è l’appuntamento più importante della nostra vita: la morte. E “nel mentre” viviamo, più o meno bene, e impariamo molte cose, sperimentiamo, cresciamo, gioiamo e soffriamo… quasi tutto questo fosse un preludio a quel che c’è dopo … e che ci aspetta.
Quasi quel momento ci completasse effettivamente nel nostro percorso, restituendoci ciò che non siamo riusciti a recuperare durante il nostro cammino…
E’ un pensiero forse un po’ malinconico, alcuni potrebbero definirlo lugubre, ma per me è un pensiero rivestito da quieta serenità.
Un abbraccio
IL CAPPELLAIO MATTO