Varie
La mia prima foto,dal rullino fatto per ricalcare i disegni di anatomia
La mia 15a foto, un rullino dopo la precedente,sempre nel 1981 circa.
Autoritratto dello stesso periodo.
Qualcuno lo ha sentito raccontare da mè ai corsi, altri a tavola, per chi non lo sapesse e fosse curioso di sapere come ho iniziato a fotografare ecco la storia,stesa su carta alcuni anni fà….buona lettura
Come ho iniziato a fare fotografie
1979
Da poco tempo scattavo le mie fotografie in bianco e nero ma non avevo minimamente i rudimenti di stampa salvo minime conoscenze risalenti a qualche anno prima quando mia sorella aveva avuto la brillante idea di fidanzarsi con un tipo che aveva il padre con l’hobby della foto. Il passo fù breve e ottenni in prestito l’ingranditore, alcune bacinelle e delle dispense di un corso per corrispondenza, ma non avevo voglia di leggerle. Detesto i manuali in genere, specie di cose meccaniche ed elettroniche: radiosveglie forni a microonde,cellulari, computer e programmi correlati. Mi applicai quindi molto malamente all’apparecchio. Ero inconsapevole dei diaframmi,della loro utilità stampavo a tutta apertura le foto di casti nudi della mia prima fidanzata su carte a contrasto variabile. Non lo sapevo ma assieme alla fotografia criminale, la fotografia di nudo o erotica fù il primo grande veicolo di circolazione dell’immagine a partire dalla sua nascita nel 1827.
All’Accademia di belle Arti vivevo una dimensione insofferente nei confronti dei sistemi didattici, in poche parole mi annoiavo, pensavo che avrei potuto dare un prosieguo alle conoscenze acquisite al liceo Artistico ma non fù così.Probabilmente immaginavo che l’Accademia di Belle Arti fosse diversa: forse i docenti che avevo non riuscivano a coinvolgermi con la loro esposizione della validità dei loro insegnamenti. La situazione si aggravò ulteriormente quando la mia ragazza pensò di innamorarsi di un art director di 17 anni più vecchio di lei e rimase incinta, il mio sistema di “essere sensibile” si frantumò innanzi il fatto, saltai così tutte le lezioni di anatomia, non mangiavo e deperivo: storie di primi amori poi col tempo ci si abitua……si dice……
Ogni studente deve render conto di ciò che fa o che non vuol fare.Mi ritrovai alla fine dell’anno senza 15 tavole di anatomia che erano necessarie per la valutazione complessiva….dovevo trovare assolutamente una soluzione, l’idea di una pessima valutazione per mancata conoscenza del tessuto muscolare mi era indifferente…..molto meno la mancanza delle tavole. Rubai dal frigo dell’Accademia una pellicola invertibile al tungsteno, chiamai Giovanni ( il nome del modello che posava alle lezioni di anatomia) e lo pregai di dedicarmi un’ora replicandomi ogni posa fatta durante l’anno, l’avrei fotografata e una volta in possesso delle diapositive in un pomeriggio di lavoro avrei ricalcato i disegni per consegnarli .In effetti avevo dei precedenti :già al liceo Artistico avevo clonato parecchie tavole di prospettiva sovrapponendole su un vetro con sotto una lampada. Ritornando al mio rullino di diapositive, fatalità volle che, terminate le pose di anatomia avanzassero circa 10 scatti. Chiamai così Barbara e Grazia e con Giovanni (il modello) terminai il rullino.
La mia sorpresa fù grande quando andando a ritirare le dia, febbricitante perché volevo risolvere il problema di anatomia sentii il commesso che porgendomi la scatoletta delle diapositive mi disse :- Complimenti per i ritratti…..li ha fatti usando dei quarzi?
La mia ignoranza in terminologia fotografica non mi permise di comprendere che i quarzi erano lampade apposite e il mio pensiero volò invece alle raccolte di minerali che facevo alle elementari….per me quarzi e calcedonio erano pietre che collezionavo inutilmente in teche di plastica, per cui risposi:- No!
Non fù tanto il complimento del tipo del laboratorio quanto il mio stupore per i ritratti realizzati a farmi pensare che il mio mondo pittorico stava terminando in quel preciso momento. Terminando è da intendersi in riferimento ai pennelli e all’olio di lino, perché il mio modo di fotografare ma soprattutto la tecnica di stampa che avrei maturato si riveleranno vera e propria Pittura: al posto dei pigmenti avrei usato la luce.
A questo punto si presentava un altro problema: dovevo trovare un maestro che mi insegnasse a stampare le fotografie che volevo realizzare.
Conoscevo Stefano che in passato era stato fotografo e che poi si era dedicato alla carriera di artista dipingendo. Eravamo accomunati dalla passione per l’immagine,il cinema d’autore, per le sostanze psichedeliche, per la musica di Robert Wyatt ,dei Soft Machine, di Zappa e dei Wall of Voodoo. Assieme sperimentammo dei lunghi giri nelle campagne, ognuno con il suo apparecchio fotografico, li chiamavamo itinerari trippici, perché prima di partire avevamo l’accortezza di fumare puro in un bicchiere un bel pezzo di Hascish di ottima qualità e poi ci muovevamo a caccia d’immagini, in una sorta di safari fotografico neo-psichedelico.
1. I condizionamenti culturali influiscono essenzialmente sulla interpretazione della soggettività, della percezione del tempo e degli oggetti, e sulla comunicazione. Sulla base di questa classificazione, si possono individuare alcuni effetti primari dell’Hascish che qualificano l’azione complessiva della sostanza come un’azione «decondizionante»; gli effetti in questione sono:
A) distacco dal ruolo;
B) modifica delle percezioni sensoriali;
C) rallentamento del tempo;
D) inibizione delle associazioni funzionali;
E) potenziamento dell’espressione non-verbale.
Nelle nostre peregrinazioni la comunicazione verbale era inesistente, indicavamo con uno sguardo le cose, il sistema percettivo era totalmente espanso e ci permetteva di contemplare quanto altrimenti avremmo considerato poco rilevante. Ho appreso molto dall’uso di certe sostanze naturali, sperimentando il significato di” Enteogeno”( termine coniato da R.G.Wasson .la parola si riferisce alla divinità interiore di cui si ha la sensazione sotto l’effetto della psilocibina). Era come se il campo nel quale ci aggiravamo e così gli alberi ci chiamassero con un linguaggio silenzioso che a loro apparteneva ma del quale eravamo depositari in quel preciso momento, invitandoci a soffermarci un poco sulla perfezione del creato. La mia predisposizione verso il mondo della fantasia e della rappresentazione la conoscevo praticamente dalla nascita. L’essere con la testa fra le nuvole non vive nell’irrazionale o nella follia, ma abita i luoghi dell’immaginario.
2. Molti degli effetti della cannabis possono essere riferiti al distacco dal ruolo sociale convenzionale: la tendenza al gioco o all’inattività, il potenziamento dell’interazione sociale, la facilità all’introspezione, la migliorata percezione delle funzioni somatiche, la più elevata emotività, la tendenza ad immergersi in pensieri astratti, cioè tutti i comportamenti che vengono generalmente repressi nel nome dei valori di "funzionalità" e di "maturità che il ruolo sociale convenzionale impone.L’antagonismo fra la fantasia e il ruolo sociale convenzionale è così descritto da Laing: «Le fantasie… vengono scisse da ciò che l’individuo considera la propria esperienza matura, sana, razionale, adulta. In questo caso la fantasia non viene colta nelle sue funzioni autentiche, ma l’esperienza che ne viene fatta è quella di una molesta intrusione infantile a scopo di sabotaggio»
Io abito con soddisfazione questa dimensione più infantile o inconsapevole, perché voglio continuare a stupirmi per quanto vedo, partecipare con le mie emozioni, avere un rapporto dialettico con la realtà visibile ed invisibile delle cose.
Per ritornare a Stefano ci accordammo affinchè mi desse delle lezioni di camera oscura, per cui ogni mercoledì per un anno all’incirca lo andai a trovare a Voltri, e lì ,poco a poco venni messo a conoscenza di piccole malizie in sede di stampa, mi fù insegnata la pazienza e la calma, appresi il modo di leggere un negativo al fine di tradurre al meglio quanto avevo inciso. Un libro che ti spiega come fare le cose e le illustra con esempi nulla può spartire con il senso di artigianalità commista ad alchimia che ti può trasmettere un buon maestro.
Il complimento più bello anni dopo fù sentirmi dire da Stefano che avevo maturato un sistema di stampa assolutamente autonomo, nessuno poteva pensarmi figlio suo. La tecnica che avevo maturato accorda la ripresa in esterni e la intona attraverso il lavoro di camera oscura, luogo dove si definiscono le tonalità del mio linguaggio. Forse aveva ragione Van Morrison titolando un suo splendido disco: “No guru, no method, no teacher” !!!
PS:
Assieme abbiamo diviso tante cacce fotografiche. Abbiamo dormito nello stesso letto, addormentandoci mentre uno raccontava all’altro di mondi fantastici. Eravamo molto legati.
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12 Comments
contrabbubis
bellissimo il tuo racconto degli esordi. sarei curioso di vedere le foto degli itinerari trippici… sei grandioso!
utente anonimo
ma io la bionda la conosco…me la ricordo..aveva fatto l’artistico? o era amica di qualcuno del nostro giro? e Stefano? madonna che storia..sei un contenitore pazzesco, sembra che hai 105 anni tra quel che racconti, che hai vissuto e che trasmetti. Un bacio e..lo vedi che avevo ragione? eri bbbbbravo bbbbravo già da quand’eri un bel Dùnin ( ah ah ti ricordi che dicevano così i vecchi di genova a noi ragazzini )
Mariatelodicevo
utente anonimo
cioè..un bel Dunìn ! avevo sbagliato accento, ops..:-))
Mratldcvo
albertoterrile
Ma Dunin non è femminile???Ancora sesso non l’ho cambiato.La bionda si chiama Barbara e per alcuni mesi abbiamo avuto una storia poco mesi dopo le foto, fù una roba da ragazzi con lei che scappò di casa ed io che la ospitai…..in casa dei miei…già sono un contenitore di tante cose….non crederete che le rughette d’espressione siano solo una questione d’età….circa le foto degli itinerari trippici…sono dia e sono rimaste assieme a dei miei aquarelli d’epoca a casa di Stefano messa sotto sequestro dopo il fattaccio…indi dispersi a meno che non siano piaciuti a qualcuno…credo che dopo il dissequestro l’abitazione sia stata venduta in fretta e furia.Nella casa dell’omicidio ho imparato a stampare!!
contrabbubis
beh non potevano che essere dia o polaroid, ed il fatto che siano disperse le rende ancora più interessanti, il viaggio continua anche dopo. ciao
utente anonimo
Beh … non tutti i fotografi hanno esordi così cinematografici ;-) Complimenti per tutto ma soprattutto per la capacità di espressione che ti contraddistingue in tutte le arti in cui ti proponi. ciao
PlacidaSignora
Ma che bel figeu quello della terza foto…! ;-*
albertoterrile
Grazie a tutti, credo che la realtà sia una cosa,ma il modo in cui la si racconta diviene importante, prima come strumento di autoanalisi poi di scrittura. In questo senso sono per certo giovane,pratico la parola scritta da pochi anni e il blog l’ha per certo spinta. Credo che Placidasignora che ha in questo medium lo strumento privilegiato d’espressione, facendo la scrittrice potrebbe dirne molto,indi saltellate sul suo blog e da lì sul suo sito per capire meglio delle cose….un’autrice che dalla Poesia arriva all’umorismo, l’umorismo arte che coltivo è un terreno spinato….facile cadere nel cattivo gusto, nello scontato….
utente anonimo
Per certi versi, non sono io a dirlo, la fotografia si avicina molto alla scrittura. saper scrivere e raccontare con le immagini non è da tutti, ma c’è chi ci riesce bene … anche quando era giovane! Domanda: Sono dia Crossprocessate o invecchiate o la luce era colorata? ;-) ciao
Tambu
ha ragione Cent, qua sotto… tu non sei solo un fotografo, sei un “raccontatore” di cose, di esperienze…
albertoterrile
Svelato il mistero del colore,Tambu dovrebbe ricordarselo,idem Maudite perchè l’ho detto a lezione. Pellicola tungsten light 64 T della Kodak, illuminazione al neon….di solito dà sul verdastro ma con la 64T tira all’azzurro.Il cross process credo sia arrivato dopo,sporca i bagni e i laboratori te lo fanno malvolentieri. Se leggerai anche il prossimo post pubblicato poco fà,c’è la cosa sul gruppo e il video, constaterai che io da sempre arrivo al risultato che oggi con la tecnologia digitale è immediato, attraverso un processo ed un ragionamento che combina la tecnica fotografica,la riflessione sul mezzo e la conseguente visionarietà della cosa. Quelle dia per mè sono un ricordo affettuoso, ma le trovo un vero balbettio,io allora non avevo una mia camera oscura,allora facevo dia colore per vedere subito se il risultato era buono o no….e da li ho ho continuato, ieri ho fatto un rullo 135 in B/n poi ho scattato un centinaio di cose a colori in digitale…il digitale lo uso per pubblicare al volo sul blog,per archiviare files da utilizzare poi come banca immagini per cover etc, con l’analogica entro più a fondo “sotto tutto ciò che vive” e racconto la mia versione delle cose. Ad oggi con il mio bianconero mi sento più io, più potente a livello evocativo,poi magari ho due anni di materiali da stampare,non trovo più buone carte e altro….ma è che lo faccio per me, perchè devo….se poi nel tempo faccio una mostra quel che si vede è nulla rispetto a ciò che “contengo”. Ora comunque la prossima mostra mi vedrà come supervisore/chairman….saranno gli allievi a dare la loro versione…e penso che sarà una cosa interessante indi OCCHIO AL BLOG e alle News…
utente anonimo
grazie della spiegazione. Penso non sia necessario dirtelo ma l’affezione per il mezzo analogico che hai è un grosso valore aggiunto al tuo lavoro. Non utilizzare le scorciatoie digitali oggi come oggi è possibile se si hanno basi forti per riuscire a NON farlo. Tieni duro :)