Varie
Dialoghi autunnali sul progresso restando in panchina
IL PROGRESSO
Seneca diceva che gran parte del progresso stà nella volontà di progredire. Tra i tanti motivi dell’evoluzione del digitale, penso alla tecnologia del DVD, oltre che alle macchine (Pc, Mac) e le varie fotocamere digitali mi ha sempre lasciato perplesso un assunto che dava come garanzia la lunga durata nel tempo del prodotto realizzato digitalmente. Riprendo il post precedente , la questione dei graffi sulle foto, le righe sui dischi che facevano saltare il brano o l’accompagnavano con quel tic (che in molti hanno poi campionato e usato nella produzione discografica, su tutti oltre ai trilioni di rapper, anche i Portished e Bjork per dir dei più noti) sono state identificate come delle imperfezioni oggi vinte dalla nuova tecnologia. Per incitarti a disfarti dei VHS la tecnica del DVD si fregia di varie peculiarità : la pulizia di suono e di immagine e la durata nel tempo. Basta riavvolgere la video, basta il puliscitestine ( ora c’è il pulitore del laser)….oggi non avrai più il problema del film che tremola….l’immagine campeggerà a tutto schermo, meglio se panoramico e al plasma. Basta col fruscio della puntina, il laser legge il suono pieno che sembra provenga da un ambiente asettico. La vecchia fotografia, magari graffiata, durava 100 anni se ben fissata, prima di iniziare a deteriorarsi sino a sbiadire, per questo si è ricorsi al bagno di Selenio, prendeva un’intonazione violacea, ma durava 400 anni. La carta è soggetta all’umido, ci sono insetti che se ne nutrono, microrganismi che l’assaltano, funghi ed altro. La nuova tecnologia ti dà dei files, li puoi ritoccare velocemente,alterare e salvare in una cartella. Se li vedi solo a schermo hai pure l’illusione dell’eterno in un nanosecondo, perché anche se lo schermo si distrugge,lo cambi e il tuo file, la tua foto non ingiallisce,non scolora, non viene mangiata da insetti ed altro. Devi avere degli accorgimenti, fare un regolare back up dei tuoi dati, salvare tutto su cd perchè l’hard disk può fare crash. I cd in genere sono argentati, quando fanno l’aureola dorata o si dorano del tutto, non hanno fatto né un bagno d’oro né di Selenio, ma si sono ossidati. La directory s’è cancellata e il tuo lettore lo legge come vuoto, privo di dati. Di fronte al nulla devi trovare un tecnico che operi il recovery e ti estragga tutto dal cd. Di fronte al vuoto del tuo hard disk nuovamente recovery e la speranza di perder il minimo possibile. Quanto dura un cd realmente? Pare circa 50 anni. Cosa devo fare? Salvo tutto su un server, su tre hard disk diversi oppure controllo periodicamente i miei cd zeppi di dati come il produttore di Parmigiano che batte col martello la forma per saper se ha imperfezioni o il vinaio che si controlla le bottiglie una ad una. Se ne trovo uno che si stà dorando lo ricopio immediatamente….deve durare. La fotografia è anche memoria nò?
Questo non te lo dicono quando prendi tutto il tuo armamentario analogico e lo vendi per rifarti la verginità con la nuova tecnologia.
Io non mi sono venduto i miei 1600 vinili, li ho tenuti, voglio comperarmi un piatto nuovo.
Tutto continua e continuerà ad aver bisogno di manutenzione, l’auto come il seno rifatto. Nulla è eterno, nulla dura così tanto….anzi le nuove tecnologie durano molto meno.
Ogni quanto cambi la televisione, il frigo, la lavatrice???Ogni quanto si cambiavano le stesse cose nel 1967/70???
La roba vecchia durava di più, era fatta meglio e meno in serie.
Meglio l’ampli a valvole o il nuovo surround ad effetto teatro???
Meglio i funghi che attaccano la carta stampata o il virus che ti blocca il pc???
Meglio il seno che risente del caldo e del freddo o quello farcito dalla protesi???
Meglio una stampa che dura 400 anni o un file da salvare ogni 50 anni???
Gran parte del progresso stà nella volontà di progredire….e progresso significa : avanzamento contrassegnato da un sempre maggiore aumento di possibilità e da sempre minore costo e fatica.
Sarà vero???
NDR. L’analogico è imparentato oggi più che mai con l’alchimia….acidi,polveri e soluzioni….e anche su Internet potrete trovare ciò che occorre….ma ci vuole : PAZIENZA,TEMPO,VOGLIA E TANTA ATTENZIONE……
VIRAGGIO: Trattamento chimico per mezzo del quale si modifica il colore di una stampa fotografica in bianco e nero. Il viraggio agisce, dopo un bagno di sbianca, cambiando colore al nero dell’immagine. Oltre al suo valore estetico il viraggio rappresenta un utile trattamento per la conservazione nel tempo delle stampe. A questo proposito è particolarmente indicato il viraggio al selenio.
Il viraggio al selenio migliora notevolmente la stabilità dell’immagine nel tempo come tutti i viraggi seppia. In particolare, questo tipo di viraggio è stato usato a inizio secolo, come alternativa (economicamente meno costosa) ai viraggi all’oro e al platino, che venivano applicati alle copie fotografiche da archiviazione, per migliorarne la conservabilità nel tempo.
I toni che si ottengono con questo viraggio sono più tendenti al rosso del corrispondente viraggio al solfuro. Il bagno di viraggio si ottiene sciogliendo sotto agitazione del selenio metallico in una soluzione di solfuro o di solfito alcalino, ottenenendo in tale modo o del selenio solfato o poliseleniuri alcalini. Lo scioglimento del selenio è lento e richiede alcune ore, la soluzione risultante bruno-rossiccia è stabile e si conserva senza problemi.
La soluzione di lavoro dovra essere opportunamente diluita (1 parte di soluzione + 9 parti di acqua), e va buttata dopo l’uso.
VIRAGGIO
(Questa soluzione di riserva va diluita 1:9 per l’uso)
SOLFURO DI SODIO gr. 25
SELENIO gr. 1
ACQUA ml. 100
Con questo unico bagno è possibile virare solo fotografie su carta al cloruro. Con carte al bromuro non si ottiene alcun effetto. Il viraggio si ottiene per immersione della fotografia in questo bagno per circa da uno a tre minuti. La variazione di intonazione è minima e tendente al marrone scuro.
Con questo bagno, è comunque possibile virare anche carte al bromuro, se prima si procede allo sbianchimento mediante una soluzione alcalinizzata di ferricianuro con bromuro, come quella usata per il viraggio al solfuro
SBIANCA
FERRICIANURO DI POTASSIO gr. 30
BROMURO DI POTASSIO gr. 12
ACQUA ml. 1000
Il viraggio così ottenuto da toni piu caldi, tendenti al marrone-rosso. Nel caso si debba procedere alla sbianca prima del viraggio si opera in questo modo:
- immergere la copia nel bagno di sbianca sino a scomparsa o quasi dell’immagine (massimo 4 o 5 minuti).
- lavaggio in acqua corrente per eliminare il velo giallo di ferricianuro
- immersione nel bagno di viraggio sino a ripristino dei toni iniziali
- lavaggio finale (30 minuti)
Il viraggio non deve essere eseguito in locali troppo luminosi o alla luce diretta del sole.
Viraggio al Selenio Links
http://xoomer.virgilio.it/morebacc/6viraggi.htm
http://xoomer.virgilio.it/morebacc/6solfurazione.htm
11 Comments
maudite
Una volta il progresso era utilità. Era innovazione. Era scoperta. Non a caso, una volta esistevano i ricercatori, gli scienziati (quelli veri intendo), gli artisti. C’era innovazione… In-nova, in qualcosa di nuovo, di differente, quindi, di migliore. Migliore in senso assoluto, per quanto l’imperfezione lo permetta. Una volta questo. Quando anche i giocattoli duravano tutta la vita, e a 20 anni ti ricordavi di avere ancora nell’armadio quel pupazzo fatto di materiali, che, seppur degradati, consumati e lisi, esistevano ancora, forse con una toppa, forse privi di un occhio. Ma c’erano, e a 30 anni erano ancora li, e a 40 anche, e li facevi vedere ai tuoi figli, chiedendo loro di mostrar rispetto per quei ricordi vivi che ti stavano ancora accompagnando nel tuo lungo cammino di vita.
Ora, come è evidente notare, tutto si deteriora al tempo scandito dal Soldo. Il progresso non è più innovazione. Non vi è mai nulla di nuovo. Il DVD esisteva già al momento dei CD. E il CD esisteva già al tempo dei floppy. Erano già in via di fabbricazione, di progettazione, di commercializzazione. Si pensi solo alla differenza di qualità e potenzialità dei componenti integrati ( quei piccoli insetti che popolano i circuiti elettrici) relativi al settore militare ed a quello commerciale. Prendendo a caso una caratteristica tecnica, l’uno resisterà a un escursione termica compresa tra i -80° C e i +150 °C, l’altro, destinato al pubblico, solamente tra -30 °C e +100° C circa. Parlando di dati ormai obsoleti, rispetto agli odierni. Cose che per il pubblico non esistevano ancora, per l’ambito militare erano già un dato di fatto. Internet stessa è la più eminente rappresentante, di questo progressivo concedere al dominio pubblico “tecnologie” già esistenti e colaudate. La folle corsa al processore più veloce, scandita a step più o meno frequenti, alla taglia degli hard disk, sempre più grossi, alle capacità di memorizzazione, per finire con lo spreco per eccellenza, le stampanti. Quanto costa una stampante al giorno d’oggi? Con una settantina di euro se ne può acquistare tranquillamente una. Alla prima ricarica delle cartucce, ci si rende però conto che, solo le due cartucce costano quasi 50 euro. E normalmente la scelta comune è quella di dire “vabbhè, allora tanto vale che ne compro una nuova”. Così le società produttrici cosa fanno? Ti vendon lo stesso la stampante a 70 euro, ma le cartucce sono al 70 – 80 % della loro capacità.
Questo non è progresso. Non è progresso passare da un floppy ad un cd, da un cd a un dvd e da un dvd ad un dvd dual layer, a tappe forzate, a metaforici “pronti ai posti via” che muovono in blocco il mercato della produzione e dell’acquisto. Una volta era stato inventato il frigo, e il frigo non c’era, perchè si compravano i pezzi di ghiaccio e con quelli ti facevi questa specie di frigo. Così è arrivato il frigo, l’innovazione. E durava. Mio nonno perlomeno fino a quando io raggiunsi i 10 anni, ha sempre avuto lo stesso frigo, comprato negli anni 50. Un frigo che è durato 40 anni. QUARANT’ANNI!!! Dico, da quando lo ha cambiato per prenderne uno più moderno, ha già cambiato 3 frigo. E’ tecnologia? E’ innovazione? O è solo sistema commerciale?
Ecco allora che si va a cadere in un discorso più grande: la perfezione ricercata dal sistema odierno. Una perfezione forzata, finta, innaturale. Tutto deve essere perfetto: l’uomo deve essere perfetto ed avere gli addominali scolpiti, chiaramente glabri. La donna deve avere il corpo perfetto, il seno modellato con lo stampino, le labbra gonfie, le gambe lisce come mogano. L’adolescente deve essere vestito dalla testa ai piedi di tutti quegli indumenti che ti fanno essere qualcuno, un signor Qualcuno, per essere accettato dal tuo intorno. Le macchine sono ripiene di tecnologie, di optionals, di luccichii, ma al primo problema si rischia di dover buttare nel cesso quaranta milioni di massa metallica movmentabile. Tutto sembra progettato per apparire eterno e rivelarsi etereo, vacuo, di durata davvero breve.
Tutto, dal CD alla MELA. E i caratteri si svuotano, si perdono le capacità manuali e vengono i calli sui polpastrelli a furia di pigiare pulsanti per fare qualsiasi cosa.
Questo non è progresso. Questo è Commercio, del più sporco.
utente anonimo
Quanto hai ragione…quanto è condivisibile da chi, come me, ama la fotografia come espressione di se stessi, partecipazione e condivisione del momento fotografato…
Sono caduta nella trappola e tempo fa ho acquistato una reflex digitale: niente da dire sul progresso della tecnologia, ma molto sulle sensazione personali.
A causa della pioggia continuata ho trascorso il fine settimana in casa a scaricare foto dalla scheda della digitale, a scontrarmi e bisticciare con Photoshop, ad esercitarmi col ritocco e l’elaborazione dei files, ad utilizzare programmi per presentazione di fotografie in sequenza…tutto molto tecnologico…ma tutto molto “finto”! Non ho avuto la sensazione di avere a che fare per 2 gg con la mia passione più grande. SI, ho avuto dei discreti risultati,ma l’unica soddisfazione è stata quando ho tirato fuori delle foto bn stampate da me qualche mese fa e le ho maneggiate, analizzate, ne ho trovato pregi e difetti…quando ho riordinato la mia attrezzatura pulendo corpi macchina e obiettivi, quando ho preso in mano bacinelle, pinze e strisce di negativi di 10 anni fa per iniziare a stampare…per poi accorgermi che non avevo lo sviluppo per la carta e che non potevo ed ho riposto tutto….
E la delusione immensa di aver perso una decina di scatti digitali, SOLO perchè erano stati salvati col sistema Windows ed ho cercato di unirli su un unico supporto insieme a files Macintosh….persi, andati, spariti….e quindi ho perso 2 ore per recuperare le stampe (sottolineo stampe), passarle allo scanner e risalvarle di nuovo…due volte per essere sicura.
Un negativo bn, se lo mescoli con un negativo colore, non sparisce!
utente anonimo
Scusa…mancava la firma….
Monica
Tambu
il tuo discorso è giusto, ma secondo me non è completo.
Quando dici che una foto dura 100 anni va bene. se le fai il bagno al Selenio la durata si quadruplica, ma non è eterna. il bagno al Selenio non è una cosa “da tutti”, è un’operazione che
1)bisogna sapere che esiste
2)probabilmente va fatta da un esperto
3)avrà un certo costo
diciamo che è una cosa “professionale”
ecco: se un CD dura 50 anni, non è detto che rivolgendosì a qualcosa di “professionale” non si possa quadruplicarne la durata. il problema dell’analogico è che si deteriora LA FONTE… e rovinata quella, è persa per sempre. invece il digitale permette copie infinite senza perdita di qualità. poco poetico, certo, ma eterno. Come sempre, basta essere consapevoli PRIMA dei limiti, come sottolinei ogni mercoledì :)
Altra cosa: non hai menzionato “il cervello alveare del mondo”. ;) Al giorno d’oggi mettere qualcosa su internet vuol dire affidarlo alla memoria storica del mondo, con la garanzia quasi totale che mai e poi mai andrà perso.
per rispondere alla tua comanda su cosa fare con i CD (e scusa se parlo solo degli aspetti tecnici, ma non sono molto a mio agio con le filosofie): io creerei un album privato su, ad esempio, flick.com e manderei su tutti gli originali. sono accessibili solo a me, ed eterni.
lo so, un giorno questa mia fiducia cieca nella tecnologia mi farà avere dei grattacapi… ma io ci credo, che posso farci? :)
albertoterrile
…ciò che desideravo stà accadendo, c’è pluralità di interventi,ognuno dà il suo contributo e esterna il suo pensiero.Ero certo che quanto espresso avrebbe dato adito ad un dibattito. Grazie a quanti hanno scritto e a quanti vorranno scrivere!!!
maudite
Eternità o Eterna imperfezione?
Parliamo di un discorso puramente matematico. Vale per audio, video e settore immagine.
Il digitale nasce sulla teoria del campionamento di un simpatico personaggio chiamato shannon. Non garantisco precisione sul nome, a motivo della distanza nel tempo di tale ricordo. Tale teoria prevede che un segnale analogico, può essere digitalizzato se il campionamento viene eseguito ad una frequenza almeno doppia del segnale stesso. Detto così potrebbe sembrare incomprensibile.
Vado a cercare di illustrare meglio. Sostituiamo il termine segnale, con quello informazione. Questa informazione può essere un immagine, un suono, un flusso di immagini sequenziali. Pensiamo solo a immagini e suoni. Un suono è fisicamente un insieme di armoniche pari. Un immagine è un insieme di frequenze di radiazioni luminose, per semplificare molto la questione. Sono comunque un insieme molto complesso di informazioni.
La teoria enunciata prima, praticamente dice che se la frequenza di un segnale, per esempio audio, è 1 Hertz, Se il mio campionamento viene effettuato a 2 Hertz, io sicuramente riesco a digitalizzare l’armonica principale del segnale. Riesco a capirne una forma. Servirebbe un grafico a riguardo e magari poi lo mando ad Alberto così per spiegare meglio la questione. Fatto sta che si è pensato, se al doppio della frequenza ho già dei dati che mi riportano il profilo principale del mio segnale analogico e mi permettono di averne una forma molto “squadrata” digitale, se campiono a 4 volte, 8 volte, 16, 24, 48, 96 etc etc più veloce del segnale ottengo una digitalizzazione più precisa del mio segnale analogico.
Campionare in poche parole significa prendere un campione; significa metaforicamente mettere una sonda su un suono, su un immagine e ogni tot millesimi di secondo, registrare le frequenze percepibili (non parlo di orecchio umano) o le radiazioni luminose esistenti.
Ma rimaniamo sul suono, per fare un esempio a tutti comprensibile.
Se durante il play di una canzone, noi teniamo in mano un registratorino e attacchiamo la registrazione per 1 secondo ogni 2 secondi, alla fine sulla nostra cassetta registrata, cosa avremo? Una sequenza di suoni, interrotti da pause, che non corrisponderà alla brano che ascoltavamo.
Abbiamo campionato a 2 secondi. Che nella media corrisponde a registrare 1 secondo di canzone ogni due e quindi a campionare a 2/240 (due duecentoquarantesimi) su una canzone di 4 minuti. In pratica noi campioneremo 2 minuti di suono e due minuti di silenzio.
Che risultato sarà? La nostra primordiale digitalizzazione sarà affidabile? sicuramente no.
Allora diciamo che campioniamo ogni mezzo secondo. Che risultato avremo? Comunque non preciso. Allora campioniamo a in millesimo di secondo. Che risultato avremo? Forse all’orecchio non percepiremo differenze, ma a livello matematico, avremo lo stesso quantitativo di dati?
NO. Assolutamente no. Un campionamento, per quanto preciso possa essere, non avrà mai la stessa quantità di dati di un dato analogico.
Per questo in tutto il mondo il musicista che vuole un suono più caldo sceglie ancora di lavorare con un ampli, pre e/o finale VALVOLARE e non a transistor con simulazione valvolare. PErchè la valvola è imperfetta, richiede tempo per scaldarsi, tempo per raffreddarsi, e nella sua imperfezione Genera infinite armoniche successive ma pari. L’obiezione classica in questo caso è che l’orecchio umano ha comunque una limitazione nella percezione delle frequenze, perciò sopra e sotto un certo limite, si può ottenere un alta fedeltà di riproduzione anche prendendosi la libertà di tagliare certe frequenze.
Ma l’orecchio è un organo analogico, non digitale, e per quanto una data frequenza non sia mentalmente udibile, lo è a livello fisico. L’orecchio la capta, non applica tagli di frequenza. E ciò contribuisce a quel famigerato Suono più pieno della valvola e suono più metallico (dovuto ad una multipla generazione di armoniche dispari) dato dai transistors.
Lo stesso discorso si applica al mondo video. Le macchine digitali basano il loro campionamento, la loro acquisizione di immagini, su un reticolo di pixel, quadrati ed adiacenti. La luce colpisce il sensore e finisce in questo reticolo. Il problema è che se la luce è a cavallo tra due cellette, tra due pixel, ed ha un valore intermedio, quel piccolo dettaglio va a farsi benedire, perchè il reticolo fa le sue medie e il sensore decide che la percentuale dominante in quelle celle dice che a destra la cella è rossa e a sinistra è un po arancione. Se tra le due c’era un pizzico di intermedio, si perde.
Una volta il reticolo, di area poco meno inferiore a quella di un fotogramma di pellicola 135, era di 1 MegaPixel, ovvero composto da 1 Milione di piccole cellette. Chiaramente ogni cella era quadrata ed aveva una certa dimensione. Quando si sono accorti che (sul concetto di accorgersi non mi inoltro perchè sono mere questioni commerciali e non di progresso, Vedi post precedente e principale di alberto) un mega pixel non era sufficiente hanno passato lo standard a 2. Chiaramente la dimensione della cella si è dimezzata per poter avere sulla stessa area 2 milioni di cellette. Con due milioni di celle, c’era più precisione, ma ad occhio nudo si vedeva ancora la differenza. Così in step sequenziali si è passati a 3 e qualcosa, 4 e qualcosa, 5 e qualcosa, 6 e qualcosa fino ad arrivare ai 12 e oltre milioni di pixel delle macchine di fascia professionale. Si, le celle sono un dodicesimo di quelle iniziali, ma l’intermedio tra le due celle esisterà sempre.
E quell’intermedio solo l’analogico può rappresentarlo. Solo l’analogico può darne l’entità perchè trattasi di processo fisico, non di campionamento. Trattasi di luce che colpisce dei sali di argento e questi, svegliati dalle radiazioni luminose reagiscono, dando alla foto, non solo una precisione di dettaglio, di colore o di grigio, ma anche una profondità. Si perchè se confrontiamo due stampe ingrandite una fatta a ingranditore secondo il processo chimico “alchimistico” e una plotterata su carta fotografica, noteremo tante uguaglianze ma una fondamentale differenza: la mancanza di reale bidimensionalità della foto digitale, rispetto alla analogica.
La matematica lo dice. Un segnale campionato non sarà mai uguale ad uno analogico. Sarà semplicemente molto simile, per quanto impercettibile possa essere quella differenza. Sarà sempre DIVERSO, mai LA STESSA COSA. Matematicamente. Non ci sono musse che tengano.
Se poi invece si vuole parlare di praticità del digitale, per determinati tipi di utilizzo, questo è un altro, completamente differente, discorso.
Per riprendere il titolo, quindi, la digitalizzazione non da l’eternità della fonte. Semplicemente rende eterno un campione imperfetto di una immagine del tempo.
E l’eternità non è legata all’esistenza di un originale in perfetta condizione. Quanti libri sono eterni, quando gli originali sono andati distrutti, a motivo del tempo. Quante persone sono eterne nella nostra memoria, seppur inesistenti nel quotidiano negativo di vita. Concetto Foscoliano dei sepolcri: è il ricordo che rende eterno. Non l’immagine fisica.
Ci sono tante cose che sono eterne nella mente e nei cuori delle persone, tante immagini, tanti suoni ,tante fotografie che, senza essere presenti su CD tantomeno disperse o distribuite in internet, non deperiranno mai. L’eternità digitale è solo una trovata commerciale.
Anche perdurare per 1500 anni una copia imprecisa di un insieme di informazioni, che senso ha? E poi, quando mai arriveremo a poter vedere che il nostro operato sarà perdurato per 1500 anni?
L’era digitale è commercio, è lavoro. L’analogico è arte, è trasposizione umana di umana imperfezione, in tutta la sua interezza, in tutto il suo calore, in tutta la sua “grana”.
utente anonimo
non vivremo certo 1500 anni per gustarci la nostra arte, ma dobbiamo preservarla per i posteri :)
quante opere di geni non sono state salvate dal trascorrere del tempo solo perchè dimenticate in una soffitta o non esposte in un museo a temperatura/clima controllato?
il discorso che fai sul campionamento è ineccepibile (e Shannon è giusto ;) ), ma si riferisce a una fase precedente del discorso, se a noi non interessa (non in questa conversazione sulla conservazione). Stiamo parlando di come conservare al meglio un’opera; analogica, o digitale GIA’ acquisita :)
tra l’altro, con numeri che crescono in modo vertiginoso, l’approssimazione presto supererà la soglia massima che l’occhio o l’orecchio può distinguere. e forse dovremmo anche parlare di frattali, ma qua si va mooooooolto fuori tema.
discussione interessante :)
cmq ho capito chi sei :-P
(sempre Tambu)
maudite
Ovviamente hai capito chi sono, in quanto esplicitamente ho scelto di timbrare l’argomento con qualcosa che sapevo ti avrebbe indirizzato sulla “soluzione” della mia identità (tra le altre cose, alberto lo ha già detto chiaramente il primo mercoledì che noi ci siamo conosciuti qui, quindi non era poi tanto un enigma ;)). Dico volontariamente, perchè dal tuo commento precedente era evidente chi ne era l’autore ;)
Comunque, il discorso preservazione non esclude tantomeno esula completamente dal discorso della differenza tra digitale ed analogico.
Un disegno fatto a mano da leonardo da vinci, con la sua matitina di sanguigna, esiste tuttora, seppur conservato con estrema cura in ambiente asettico per minimizzare le influenze degli agenti temporali ed atmosferici, e in quanto Originale, mantiene un suo fascino, completamente differente da ogni tipo di stampa serigrafica o tipo di riproduzione, tantopiù se digitale. Guardiamo su internet i quardi di Salvador Dalì e ci sembrano figurine. Non percepiamo le pennellate, l’intensità dell’olio e tutte quelle cose che rendono meravigliosa un opera artistica. Anche gli errori, il vedere pennellate a coprire di un soggetto sbagliato. Tutto questo insieme di cose fa emozionare. Dell’originale. Stessa cosa per Monet, Mirò etc etc etc
E per questo si pagano soldi per andare a mostre che espongono vecchissimi supporti di “Memorizzazione del dato”, obsoleti tipi di supporti di conservazione, quali, tele, carte, pannelli, muri, mattoni etc. che però trasmettono un fiume di emozioni purissime.
Per questi motivi quando ci troviamo davanti ad una foto stampata, d’epoca, ad una cartolina vecchia e ingiallita, il nostro sguardo trova tante emozioni da raccogliere, perchè legate a quel mondo di imperfezioni e di deterioramenti ai quali tanto siamo intrinsecamente affezionati.
Con questa serie di Post non intendo demonizzare la Fotografia Digitale e tutto il mondo del digitale con le sue pseudo innovazioni – quando sono rese note e acquistabili al pubblico sono ormai nettamente sorpassate, solitamente – tecnologiche. Semplicemente, il discorso che alberto fa dei limiti, va valorizzato molto, per far capire che il Digitale può avere dei riscontri molto pratici, ma legati ad un ambito ristretto. Per esempio al Commercio. Commercio inteso come abbassamento dei costi e delle qualità, inteso come mondo del “tempo ristretto”, mondo del “tutto subito”, mondo del “pronto per ieri”. Questa fretta imposta dai ritmi alienanti del mondo moderno occidentale, che, nove volte su dieci, ci fa rinunciare alla Qualità con la Q maiuscola, a favore di una qualità accettabile, abbastanza simile ad un buon livello.
Per tanti settori del mondo commerciale/lavorativo, il digitale è qualcosa di molto utile. Un perito, fa la foto alla macchina danneggiata, se la scarica sul suo palmare la invia via e-mail e, senza perdere tempo, ottiene la stima del danno presente dal suo studio dove i dati sono stati elaborati. Senza perdite di tempo, il processo viene gestito in maniera molto moderna. Come per questo esempio (purtroppo lontano dalla realtà italiana) in tanti altri ambiti il digitale è davvero utile. In campo medico dentistico, una fotocamera digitale orale, viene inserita nella bocca di un paziente, viene acquisita un’immagine, viene inviata ad un centro di creazione protesi, insieme ad una descrizione dei problemi e in men che non si dica il dentista ha pronta per noi una soluzione studiata ad hoc, da un centro magari in inghilterra o per assurdo in tibet. Senza aver speso una lira di più per movimenti o consultazioni. Utilizzi tecnici del digitale, utilissimi, ma non artistici.
Quello che intendo sottolineare è che rimanere legati all’analogico, alla carta, alle pellicole, agli errori e al deterioramento, da un fascino estremamente umano e contemporaneamente eterno, nel senso che la bellezza che esiste come messaggio, trasportato dal vettore dell’immagine, intride ogni singola molecola del supporto, e crea un iterazione profonda tra lo spirito della persona e il messaggio che essa percepisce, non solo a motivo delle capacità dell’autore, ma anche dalle impercettibili, ma presenti, imperfezioni e limiti dovuti all’essere oggetti “creati” da esseri imperfetti. E se questo, spesso e volentieri, a livello lavorativo non importa a nessuno, non tange minimamente, a livello artistico, quando la foto è fatta per raccontare qualcosa, con le parole della nostra anima, espresse attraverso il nostro occhio, quando una foto è fatta “per noi” e non per commissione, ecco dove la differenza esiste. Ecco dove un viraggio al selenio permette di mantenere nel tempo non solo un immagine, ma tutto quell’entourages di emozioni che insieme ad essa viaggiano, vivono, respirano…. Tutte quelle cose che l’occhio altrui sa vedere e percepire come vita, vita trasposta, vita raccontata, comunque sia come emozione.
Io vivo a livello digitale, nel senso che nel mio lavoro, soprattutto per la parte di tempo impiegata per il design, mi rendo conto che senza i supporti digitali, tutto sarebbe molto più complesso e macchinoso, e sicuramente più costoso. Per fare un immagine dovrei fare davvero molti passaggi, tra scansioni in alta risoluzione, filtri, fotoritocchi… E ciò avrebbe un riscontro tangibile sui prezzi, che chiaramente subirebbero una flessione totale in caso io potessi recuperare tutto quel tempo investito a fotoritoccare delle immagini necessarie.
Ma quando voglio fotografare, per catturare un momento e provare a raccontarlo, per provare a trasmettere le emozioni che ho provato in un determinato istante, per capire anche io che genere di emozioni ho provato quando ho scattato una determinata cosa, bhè, in questo caso, il digitale è la cosa che mantengo più lontana da me. Perchè per me sarebbe come dire che se comprassi un Mercedes SL 500 AMG, sarebbe la stessa cosa di comprare una ferrari… solo perchè entrambe hanno un fiume di cavalli e raggiungono velocità stratosferiche. Si è vero; e probabilmente farei esattamente le stesse cose con ognuna delle macchine. Ma il motore non sarà mai uguale. Il suono del motore, il nervosismo dello stesso, il carattere nello scaricare a terra i cavalli… Tutte differenze trascurabili, proprio come le armoniche inudibili del suono, che non sono necessarie per muoversi da un punto A ad un punto B in 10 minuti, ma che se ci sono fanno davvero la differenza tra una Ferrari ed una Mercedes (al di là del prezzo chiaramente ;) ).
Comunque, nell’era in cui, le pellicole vengono vendute sempre meno, l’analogico va via via scomparendo, sia tra i professionisti che tra gli amatori, io sono fortemente deciso a remare contro corrente, a cercare di diventare un alchimista e a cercare di imparare a regolare i grigi ed il constrasto, non con un tasto ed un algoritmo, bensì con un insieme di gesti, soggetti ad una percentuale altissima di errori, ma che mi permetteranno di imprimere nella carta, il mio modo di vedere le cose, il mio carattere, le mie idee, le mie emozioni. Nella speranza che un giorno possano essere condivisibili ed apprezzate.
Per concludere, in fin dei conti, se tutto il mondo passerà al digitale, meglio: vorrà dire che potrò comprare analogico a prezzi davvero d’occasione ;) “Morte Tua, Vita Mea” diceva il detto, vero? ;) chiaramente in senso globale.
Au Revoire a tutti
utente anonimo
continuo invece a pensare che i discorsi siano separati: nelle tue parole intravedo la contrapposizione analogico/digitale che avevamo già iniziato a discutere a voce. Però… però se da un lato non mi sta bene dire che “analogico è arte, emozioni e digitale no”, per tutta una serie di motivi, dall’altra hai usato delle argomentazioni forti che non mi sento di confutare del tutto.
Però… però esistono ARTISTI, veri artisti, che scelgono il digitale consapevolmente. Sono forse meno artisti degli altri? Oppure meglio potremmo parlare di opere digitali che NASCONO digitali, e che analogiche non potrebbero esistere (ho visto qualcosa, una volta, obbrobri orrendi, ma vabeh :) )
La conservazione di QUELLE opere era l’argomento che mi premeva dibattere. O almeno che pensavo di dover dibattere :)
Dalì pennellava, non è la stessa cosa vederlo sul web o dal vero. Sono andato a vederlo a Venezia, hai ragione. ma non mi sento di dire che per un buon fotografo digitale non farei lo stesso. Non riesco a pensare che le emozioni dello scatto, la composizione dell’inquadratura, il messaggio trasmesso possano dipendere anche (o solo) dal supporto sul quale vengono memorizzate :)
maudite
Alla fin fine le contrapposizioni esistono, sussistono e persistono. Perchè derivano da scelte di vita, perchè derivano da gusti, perchè derivano da consapevolezze o da punti ritenuti solidi. Che poi di solido in senso assoluto, non esista praticamente nulla, daccordo, ma certe cose, per istinto, le reputiamo tali.
C’è chi sa scrivere, e tale arte è sua passione. Di questi, c’è chi ritiene che le parole siano più cariche su un foglio bianco, che su un foglio a righe, chi invece ritiene che sia l’esatto contrario, per differenti ragioni. Chi ha ragione? Il primo. Ma anche il secondo. Dipende dai punti di vista, e quindi, da una serie quasi infinita di variabili.
Tuttavia sicuramente si può dire che sarà più complesso e difficile scrivere ordinatamente, senza aver “righi” da seguire, tantomeno margini, se non immaginari, da rispettare.
Chi sceglie il foglio a righe, chiaramente non deve pensare ad altro che a scriver quel che vuole, rimanendo nei limiti visivi imposti dalle stesse e dai margini.
Non significa comunque che l’uno sia buono e l’altro sia pessimo. Semplicemente si prende atto che esiste differenza.
Forse è questo che fa “incarognire” i fotografi, filoanalogici: il voler a tutti i costi, da parte di alcuni (non intendo in questo contesto) voler eguagliare le due cose. E in questo contesto, nella fotogragia, esistono “rituali” che ricordano al fotografo quanto sforzo si è dovuto fare, quanta gavetta e quanti esperimenti, quanti errori e quanto sudore si è dovuto sudare, per ottenere una bella foto. Il cammino che portava a crescere la propria “creatura”, dal grembo del pensiero, al mondo reale della carta, era un cammino complesso, che nel tempo sicuramente, a motivo dell’esperienza risultava più semplice, ma sempre egualmente complesso. Proprio come chi, decidendo di scrivere a mano libera su un foglio bianco, dopo 4 righe si rende conto che la parte di destra del testo è in alto e l’altra , a sinistra, è dieci centimetri più in basso, e invece, dopo anni di esperienza, scopre di riuscire ad andare in maniera accettabilmente rettilinea, sicuramente molto, molto meglio rispetto a prima, ma sempre dovendo fare determinati sforzi.
Quello che più preoccupa è infatti la troppa semplicità con la quale il mondo digitale tende a liquidare le possibili problematiche entro una serie determinata di possibilità standardizzate. Se tu interpelli a campione fotografi che stampano digitale per il pubblico, ti sentirai dire che la maggiorparte delle persone arriva con la sua bella schedina da 256Mb o 512 (da 1Gb sono ancora in pochi alberto ;) ) chiedendo tutte le stampe. E nove volte su dieci il fotografo stampando si rende conto che di una persona che ti porta magari 500 foto da stampare, spesso, troppo spesso, tra quel fottio di foto non c’è nemmeno una bella fotografia.
Il pericolo è proprio questo: che troppa facilità d’uso faccia poi perdere di vista i contenuti.
Perchè tutte le cose che otteniamo con semplicità, senza sforzo, tendiamo per natura ad apprezzarle di meno, a reputarle di valore inferiore, perdendo di vista la realtà.
Poi, come accennavi tu, ci sono persone che scelgono solo il digitale come metodo operativo, anche artistico. Niente in contrario. Ma qui andremmo, a mio avviso, ad infiltrarsi in un discorso molto complesso sul concetto di arte e di sperimentazione e sul concetto di arte moderna, che, affrontato in un blog, potrebbe dar vita ad una cyber “Guerra Mondiale” ;)
Perciò non mi espongo a riguardo ;)
Per quanto riguarda il supporto per la conservazione, bhè, io la penso in una maniera abbastanza di compromesso. Partendo dal presupposto che a mio avviso la qualità della stampa da negativo, a livello analogico quindi, è oltre che più sfiziosa per chi la produce, ma anche più gratificante e di impatto, ma concependo anche che esiste un forte problema di deterioramento, che non è quello dei 50, 100 o 400 anni, bensì quello delle righe, delle polveri e delle muffe sui negativi (cose che, in un certo senso, creano in me affezione verso un incontrollabile imperfezione – ma questo è gusto personale) che possono corrompere la sorgente più pura di un immagine analogica, nella fattispecie. Scansionare la foto non la vedo una soluzione, perchè comunque non sarebbe la stessa cosa. Scannerizzare il negativo e poi, in via digitale arrivare alla fotografia da stampare, non la vedo ugualmente una soluzione appropriata, per non inserire incidenti picchi qualitativi rispetto al negativo.
La soluzione ideale, a mio avviso sarebbe un duplicatore di negativi, digitale, in grado di digitalizzare prima un negativo e poi di “clonarlo” tale e quale su una nuova pellicola, anche solo su un fotogramma selezionabile. Io mi acquisisco i miei negativi, li pulisco dalla polvere e dalle righe se voglio e mantengo questo dato su un bel supporto digitale che manterrò in condizioni climatiche ottimali, distante da fonti di calore e di umidità, da bambini irrequieti e dal fuoco, e, quando mi verrà lo sfizio di stamparmi una bella immagini, secondo i processi chimici del dogma fotografico, andrò a duplicarmi i fotogrammi selezionati, su un supporto analogico, ovvero su una pellicola, dopodichè andrò a stampare secondo il procedimento classico. E allo stesso tempo, avendo il mio negativo memorizzato a livello digitale, potrò in qualsiasi momento andare a ritoccare, utilizzare e rielaborare i miei scatti con l’immediatezza e la praticità propria del digitale.
Secondo me questo, se possibile, sarebbe il compromesso ideale, la migliore sinergia di due forze così differenti da essere antipodi, ma allo stesso tempo così simili per gli interessi.
Quello che tempo però, è che essendo questo un desiderio estremamente di nicchia, non verrà mai e poi mai implementato dal sistema commerciale esistente e dalle sue tendenze…. Sigh!
Au Revoir nuovamente ;)
utente anonimo
L’argomento ha scaldato animi e coscienze e liberato un interessante carteggio che può interessare molti.